L'avventura del minatore mattiniero, di Enrico Solito

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view post Posted on 31/1/2010, 21:14     +1   -1




L'avventura del minatore mattiniero


(questo racconto è pubblicato all'interno della raccolta di racconti "I casi proibiti di SH" della Hobby & Work, 1998) Autore: Enrico Solito



- Interessante bigliettino. - commentò Sherlock Holmes rigirandosi tra le mani un cartoncino grigio. - Mi verrebbero da fare alcune considerazioni... Ma mi piacerebbe conoscere prima il suo parere,Watson.

Eravamo nel nostro salottino di Baker Street, intenti a far colazione. Mi ero alzato molto presto quella mattina, contrariamente alle mie abitudini, ed ero rimasto oltremodo stupito di trovare già in piedi il mio coinquilino. Del resto, come ben sapevo, le abitudini mattutine di Holmes erano irregolari come un po' tutta la sua vita: capitava che non si alzasse fino a tardi, come di trovarlo in piedi ad ore antelucane, intento a studiare misteriosi testi di letteratura medioevale, o a riflettere sugli sviluppi di un'indagine. Mi ero pertanto limitato a salutarlo e mi ero seduto a far colazione, in attesa che il mio amico mi spiegasse il motivo di quell'alzataccia.

- Stamane il campanello ha suonato molto presto, - esordì Holmes mentre si imburrava il pane e mi passava il cartoncino - così da buttar giù dal letto la nostra povera governante e me. Quanto a lei, mi sembra di poter dedurre dalla imperturbabilità del suo sonno che il Beaujolais che abbiamo bevuto iersera a cena fosse di ottima qualità...

- Senz'altro vero - brontolai - ma avrebbe potuto dedurlo più che altro dalla pessima notte che ho passato. Mi sono addormentato praticamente all'alba, ed è per questo che non mi sono svegliato alla scampanellata. Ma a proposito, chi era? Non sarà certo stato il postino a recapitarlo a quell'ora...

- Ottima deduzione, Watson. Nessun postino è così attaccato al suo lavoro dallo svolgerlo così fuori orario: d'altronde come vede la busta è priva di timbro. In effetti è stato un monello. Bene, bene: un ottimo inizio.

Cercai di non lasciarmi suggestionare dal tono leggermente professorale di Holmes e di evitare di farmi prendere dalla sensazione di essere sotto esame. Sapevo, anche per le molte esperienze passate, che talvolta il mio amico si divertiva a sfoggiare la sua abilità, non per malizia o senso di superiorità, ma più che altro come dimostrazione delle sue capacità e della potenza del suo metodo deduttivo. La cosa era divenuta tra noi due una specie di divertente passatempo, fonte di piacere intellettuale e di innocua distrazione. E infine, era tale il piacere che provavo a discutere con Holmes di questi argomenti, che avrei sopportato da lui anche qualcosa di più che un amabile presa in giro.

- E' stato scritto in fretta e furia - azzardai. - Credo di poterlo dedurre dalle caratteristiche calligrafiche.

- Ottimo, veramente. Lei mi stupisce, Watson. Continui, la prego.

- Bene, - dissi, incoraggiato dagli apprezzamenti del mio amico - direi che si tratta di una persona poco abituata a scrivere, dozzinale, mal vestita, con macchie d'unto sui polsini. Infine, si tratta di una persona scortese e maleducata.

Sherlock Holmes scoppiò in una bella risata.

- E tutta questa roba da dove la tira fuori? - Fece, mentre afferrava una lunga pipa di radica rossa dall'agile fornello e cominciava a caricarla di trinciato forte.

- Non è d'accordo? Eppure mi sembrava così chiaro... Il biglietto non è su carta intestata, come usa un uomo di mondo: qua e là le lettere sono spezzate, con macchie d'inchiostro, evidentemente perché l'autore del messaggio non ha dimestichezza col pennino. E' sporco di grasso, unto e macchiato in diversi punti: è poco probabile che un uomo con le mani e polsini così sporchi vesta in modo decente. Quanto al suo carattere, un individuo che butta giù dal letto il prossimo e non sente neppure il dovere di scusarsi non può essere definito una persona beneducata!

Il grande investigatore sorrise, mentre si accendeva la pipa, si scostò dalla tavola e cominciò a passeggiare tra una sbuffata e l'altra di fumo, mentre la stanza si riempiva lentamente di nuvole azzurrognole e profumate.

- C'è del buono nelle sue osservazioni, mio caro Watson, ma lei tira un po' troppo alle conclusioni. L'azzardo non è mai una buona caratteristica del detective: bisogna naturalmente saper rischiare qualcosa, ma a tempo e luogo, e quando si hanno in mano solidi fatti. Cosa abbiamo qui? Un biglietto sporco. Se lei osserva controluce, si accorgerà che è marcato con le iniziali della compagnia ferroviaria che gestisce le linee per il nord. Si tratta di uno di quei biglietti che si trovano nei locali delle stazioni, a disposizione del pubblico. Le sue deplorevoli condizioni sono quindi almeno in parte da ascrivere alla trascuratezza del personale addetto alla manutenzione dei locali, più che a quella dell'autore del messaggio... Lo stesso dicasi della supposta incapacità di scrivere del nostro amico; se lei avesse mai vergato una ricetta con uno dei pennini lasciati nelle stazioni, mezzi rotti e mal puliti come sono, dubito che i colleghi del suo Ordine l'avrebbero lasciata esercitare la sua professione. Tuttavia alcune di queste macchie sono più interessanti. Vede questo piccolo segno nero, che si ripete mezzo pollice a destra di tutte le "t"? Vergando questa lettera l'autore del messaggio urta la carta con l'unghia del mignolo e lascia un impronta inconfondibile. E' polvere di carbone.

- Un minatore?

- Bravo, Watson. Un uomo che arriva a Londra nel primo mattino dal Nord, che per scrivere un biglietto usa il materiale della stazione, che ha polvere di carbone sotto le unghie, dovrebbe appartenere a questa categoria di lavoratori. Quanto al carattere, lei ha ragione, è un tipetto deciso: senta un po' qua: "La prego di ricevermi per una questione della massima importanza. Sarò da lei alle 7.30. James Pordees." Accidenti! Neppure i saluti! Però potrebbe avere dei motivi urgenti. In fondo se si è scapicollato nel cuor della notte fino a Londra per consultarci avrà i suoi motivi. Comunque lo conosceremo presto. Toh - aggiunse, osservando fuori dalla finestra - eccolo che viene.

Non feci in tempo ad affacciarmi alla finestra prima della scampanellata, e dovetti dunque attendere che la nostra governante aprisse e che si sentissero i loro passi su per le scale. Quando Holmes aprì, mi trovai davanti un uomo massiccio, dall'espressione fiera e decisa. Contrariamente a quanto avevo previsto era vestito in modo dimesso, ma presentabile, in particolare senza quei tratti di sporcizia e disordine che avevo supposto. Se, come del resto non avevo motivo di dubitare, era un minatore, doveva aver indossato i vestiti puliti della festa, ed essersi preparato a fondo per questa visita in città: le tracce di carbone sotto le unghie dovevano essere le uniche tracce del suo lavoro. Entrò nella stanza e, dopo i convenevoli di rito, si sedette e cominciò a parlare con una voce strana, profonda e sonora, eppure lievemente esitante.

- Sarò di poche parole, anche perché mi rendo conto che il vostro tempo è prezioso. Vi prego di assistere me e i miei compagni in una grave questione.

- Vuole spiegarsi meglio? Cosa intende per "grave"?

- Sono morte due persone, e non capisco come.

Sherlock Holmes si allungò sulla sua poltrona, socchiudendo le palpebre, mentre con la mano cercava del tabacco nella pantofola persiana appoggiata vicino a lui.

- Lei intende dire che qualcuno è stato assassinato?

L'uomo scosse la testa vigorosamente.

- No! - Disse con voce vibrante e stringendo forte, così mi parve, i pugni. - I miei poveri compagni sono morti per un incidente. Ma forse è meglio che vi passi questo: quest'infame giornalaccio sarà almeno servito a qualcosa, oltre che ad infangare l'onore di tutti noi.

Mi allungò una copia di un giornale del mattino fresco di stampa, aperto a metà, indicandomi un trafiletto. A un cenno di Holmes, che fumava semisdraiato sulla sua poltrona, cominciai a leggere. "Ultime notizie: tragedia nello Yorkshire. Ieri mattina poco dopo le quattro sono stati ritrovati in una vecchia galleria abbandonata della miniera di Addleton i corpi di due minatori, periti in uno sciagurato tentativo di sabotaggio. Nella miniera è in atto da tempo uno scontro tra i dirigenti e alcuni mestatori che aizzano le maestranze. Una delle vittime era appunto uno di questi individui, anche se ultimamente era divenuto impiegato della direzione: l'altro, anch'egli noto per essere una testa calda, era uno dei minatori più anziani e di esperienza... I due, James Weighton e Charles Rodbee, erano stati visti l'ultima volta l'altra sera aggirarsi furtivamente nei pressi dell'ingresso della miniera. Il sorvegliante, Thomas Craksee, li aveva individuati, ma i due avevano dichiarato di aver bisogno di rientrare in miniera per ritrovare degli oggetti di valore là dimenticati. Una tale debole scusa era comunque bastata all'ingenuo sorvegliante perlasciarli passare. Craksee poi, essendosi addormentato per alcuni minuti, non si era preoccupato per il mancato ritorno dei due, che credeva esser usciti durante il suo sonno: e così la tragica scoperta è avvenuta solo la mattina dopo, all'ingresso del nuovo turno dei minatori in miniera. I due sciagurati erano stati colti da una fuga di "grisou", il micidiale gas che tante tragedie ha già provocato, mentre preparavano un attentato che avrebbe dovuto bloccare la miniera per settimane o mesi, costringendo all'inattività l'azienda. Quale commento si può enunciare su una così triste vicenda? Evidentemente l'odio di classe così abilmente e velenosamente sparso dagli agitatori tra gli strati più semplici dei nostri lavoratori ha richiesto un altro contributo di sangue. Non rimane che sperare nel buon senso e nella moderazione dei cittadini, oltre che nel perdono di Dio verso i due attentatori."

L'articolo continuava su questo tono per ancora una buona mezza colonna, ma non erano citati altri fatti. Ripiegai il giornale e mi rivolsi al nostro ospite.

- Una penosa vicenda. Tuttavia, sembra che sia chiara: non comprendo quale tipo di aiuto lei richieda.

L'omone si agitò sulla seggiola, troppo piccola per lui.

- E' tutta la storia che non va. Voi non li conoscevate, ma io sì. Weighton era stato uno dei capi del sindacato, fino a pochi mesi fa. Poi, improvvisamente era stato promosso impiegato, era uscito dalle gallerie ed era andato a fare il "colletto bianco" in direzione. Un tradimento troppo sporco per passare inosservato, e infatti era stato espulso dal sindacato. La nostra è una realtà difficile, specie in questo momento in cui si riparla di sciopero: siamo come in guerra, e per i voltagabbana non c'è posto. Jimmie era stato espulso non solo dal sindacato, ma anche da tutto il villaggio dei minatori...

- Viveva da un altra parte?

- Oh no, non sarebbe neanche possibile da noi. Viveva sempre nello stesso posto, ma non esisteva più per nessuno: nessuno gli rivolgeva più la parola. Ora, che ci faceva lui di punto in bianco, insieme al vecchio Rodbee, uno dei vecchi del gruppo?

- Bene, il secondo potrebbe aver convinto il primo a riprendere le vecchie idee...

- So bene che per voi siamo tutti criminali, signore, - replicò il minatore con un ghigno amaro - ma per quanto la stupisca io escludo che il vecchio Rodbee, o qualcun altro del sindacato potesse pensare a un atto del genere. Chiudere la miniera vuol dire fame per tutti noi. E poi c'è un altra cosa... Rodbee, ve l'ho detto, era uno dei più esperti tra noi. Non si sarebbe mai avventurato di notte, senza aiuto, in una galleria morta zeppa di grisou senza portare le maschere di protezione. Lo sapevano tutti che lì c'era gas. No, questa storiapuzza.

- Mi faccia capire bene. - disse Holmes dopo un attimo di silenzio. Se ho capito bene, lei teme che il traditore sia stato eliminato dal vecchio Rodbee per vendetta, e che questo sia tragicamente perito, è così?

- Devo confessare che è una delle ipotesi che mi tormenta di più da ieri. Perchè se è esatta, allora una spirale di violenza si è già aperta tra la mia gente, e niente potrà più fermarla... ma non escludo nessuna ipotesi. Devo essere molto chiaro, signori. A questo punto la morte del vecchio Rodbee e di quel traditore, che pure fu mio amico, mi può sconvolgere personalmente, ma non mi preoccupa dal punto di vista politico. Ciò che mi terrorizza è che questa tragica vicenda instauri un clima di dicerie e pettegolezzi, che potranno essere usati dalla direzione contro di noi. E a quel punto, tutto potrà accadere: anche una sommossa, che temo come la peste, perché vorrebbe dire una repressione feroce: ci spazzerebbero via. Debbo essere chiaro: - proseguì dopo un attimo - se voi accetterete questo caso non avrete che guai. I miei compagni penseranno che siete dei piedipiatti, e faticherò per tenerli a freno: quanto ai dirigenti sapranno che vi ho chiamati io, e riterranno quindi che siete dalla nostra parte. Per di più non ho molto denaro per pagarvi: non potrei quindi biasimarvi se rifiutaste...

Un lungo silenzio calò nella stanza, rotto solo dal rumore del traffico che cominciava a salire da Baker Street. Quante volte un simile intervallo di silenzio era stato il prologo ad avventure che mai più avrei dimenticato!

- Mi spiace deluderla... - Cominciò Sherlock Holmes, riscuotendosi.

- Lo temevo. - Lo interruppe bruscamente Pordees scattando in piedi. - Mi ero illuso che il suo senso di giustizia le facesse contravvenire alle differenze della nostra condizione...

- Mi spiace deluderla, - riprese imperturbabile il mio amico - ma la questione del prezzo non mi interessa affatto. Stavolta lavorerò gratis: ma a modo mio. Non mi riterrò obbligato a nessun riguardo verso lei e suoi compagni, e accerterò la verità, qualunque essa sia. Sono un leale suddito della Corona, e come tale mi comporterò. Watson, sarà dei nostri anche lei?

Mezz'ora più tardi filavamo nella campagna a bordo dell'espresso per lo Yorkshire. Fu un viaggio piuttosto lungo, ed ebbi modo di osservare a lungo il nostro compagno. Pordees era un uomo cupo, forse angosciato in quel particolare momento della sua vita: comunque molto concentrato, pratico ed essenziale in tutto quello che faceva. Mi dava l'impressione di un uomo che rimuginasse pensieri tali tra sé e sé da non aver tempo da perdere coi suoi simili. La piega amara della sua bocca, le rughe verticali sulla sua fronte, l'aspetto corrugato delle sue sopracciglia non scomparivano neppure nei momenti di riposo, attenuandosi solo nel sonno. Fu proprio approfittando di uno di questi rari momenti di appisolamento del minatore che mi rivolsi ad Holmes affrontando l'argomento che mi tormentava fin dal mattino.

- Lungi dal criticarla, caro Holmes: ma si rende conto che accettando questo caso lei rischia di fare il giuoco dei laburisti?

Holmes alzò le spalle. - E allora? Di chi farei il giuoco se non lo accettassi? No Watson, non cado in trappole siffatte. Io tiro diritto alla verità, senza guardare in faccia nessuno, sotto qualunque bandiera si protegga: e se altri vogliono trarre profitto da ciò facciano pure, se credono e se possono. Fu proprio lei, del resto, al termine della nostra prima avventura, quella che poi fu data alle stampe con il titolo di "Uno studio in rosso" a consigliarmi di attenermi a Plauto: "Populus me sibilat, at mihi plaudo / ipse domi, simul ac nummos contemplor in arca". E' ciò che faccio.

Fu un viaggio lungo e noioso quello fino al piccolo villaggio di Addleton, nello Yorkshire, in cui arrivammo al tramonto a bordo di uno scalcinato calesse. Era davvero un povero paesotto, tutto raccolto attorno alla miniera: simile a tanti altri agglomerati di famiglie di minatori in tutto il paese. Il buio che calava veloce accentuava le tinte fosche delle case, aggrappate le une alle altre come per non cadere e accalcate a raggiera intorno alla palazzina della direzione: quasi dipendenti da essa, come i loro abitanti, o forse strette attorno nel tentativo di concentrarsi ad ascoltare, nello sforzo di udire quell'allarme che tutti speravano non udire mai, e che purtroppo talvolta suonava, e suona tuttora a scandire terribili tragedie sotterranee. Sembrava quasi che il carbone di cui quella gente viveva fosse entrato come una maledizione nelle loro vite, dipingendo di nero i tetti, le imposte, le strade, il cielo stesso, in cui non spuntava una stella. Dalle finestre sprangate non fuoriusciva uno spiraglio di luce, che testimoniasse la vita, la gioia, il calore di un focolare. L'atmosfera cupa e pesante che avvertivo era accentuata dal silenzio innaturale e dalla tensione di cui era carica l'aria. Il calesse si fermò in uno spiazzo, l'unico che avessimo visto fino a quel momento tra i sordidi vicoli del villaggio, davanti ad una palazzina dall'aspetto meno tetro, che ci fu detto essere la direzione. Pordees ci fece strada, guardandosi attorno con aria preoccupata.

- Brutta aria! - Commentò. - Devono essere tutti alla camera ardente. E le famiglie asserragliate in casa... brutta, brutta aria! Ma ecco il direttore, il signor Dreeson.

Pordees ci presentò con poche, secche parole, all'uomo che ci era venuto incontro, prima di accomiatarsi. Si trattava di una persona distinta, sulla quarantina, vestito sobriamente ma con eleganza. Il viso, incorniciato da una barbetta rada, esprimeva intelligenza ed apertura mentale, mentre lo sguardo franco e diretto suscitava fiducia e simpatia.

- E' per me un onore, signori, fare la vostra conoscenza: vi conosco di fama e so bene chi ho di fronte. Mi spiace solo che vi siate sobbarcati un tale viaggio per una questione così poco importante, dal vostro punto di vista intendo. Spero comunque che vorrete essere miei ospiti finché resterete: non ci sono alberghi qui ad Addleton.

- Cosa ha concluso la polizia?

- E' stata una disgrazia, pare dopo un tentativo di sabotaggio, almeno a giudicare dalla dinamite e dalle micce lente che avevano con sè.. L'inchiesta è aperta e sarà discussa davanti al Coroner nei prossimi giorni. Si sono avventurati in una vecchia galleria abbandonata, in una zona facile alle frane: uno smottamento ha bloccato il pozzetto d'aerazione e la galleria s'è riempita in pochi minuti di grisou. Non hanno avuto scampo, poveretti. Naturalmente appena scoperto l'accaduto ho fatto riaprire il pozzetto e quel punto della miniera è di nuovo agibile. Ciò che non è chiaro è se Rodbee abbia attirato l'altro per ucciderlo, e poi sia rimasto a sua volta vittima del grisou, o se davvero i due fossero d'accordo...

- Ma Weighton non era fedele alla Direzione?

Il direttore allargò le braccia. - Cosa vuole che le dica, - disse - ne eravamo convinti, ma a questo punto... Fino a qualche mese fa era uno dei più accesi nel gruppo delle teste calde: poi venne da me e mi disse che aveva dei problemi, suo figlio era malato... insomma mi fece capire che sarebbe stato felice di metter la testa a posto, se gli avessi dato una mano. Così feci, e gli procurai un posto in amministrazione. Credevo non ci fossero più problemi con lui.

- E ora com'è la situazione nel villaggio?

- Abbiamo avuto momenti di maggior tensione, ma certo che il clima è pesante. La gente è spaesata, non sa cosa pensare. Si teme un colpo di testa dei soliti esagitati. Certo che l'hanno fatta grossa: far saltare i pozzi! Sto tentando di calmare le acque: ho insistito con la polizia perchè non intervenissero in forze nel villaggio, e si l imitassero a presidiare l'ingresso in miniera: ma al primo incidente dovrò richiedere l'intervento. E allora Dio solo sa che cosa può succedere, purtroppo!

- E' possibile vedere i corpi?

- Se ve lo permettono i loro compagni. Sempre per evitare incidenti ho fatto allestire qui due camere ardenti distinte. Sono presidiate da un gruppetto di minatori. Se andate di là sarà bene che io non mi faccia vedere: se avete bisogno, vi prego di disporre di me.

Ci recammo nelle salette del piano terra allestite a camere ardenti: là, insieme ai parenti delle vittime e a un nutrito drappello di minatori, ritrovammo Pordees, che ci fece passare. Non starò qui a descrivere lo strazio di quella povera gente, e neppure la dignitosa severità dei minatori. Ero troppo abituato, a causa delle mie esperienze militari e della mia professione, allo spettacolo della morte e del dolore che essa provoca tra chi continua a vivere, per restare troppo impressionato da uno spettacolo del genere, per quanto penoso e coinvolgente. Ma fui colpito dalla differenza del trattamento riservato a questi due morti: l'uno, il "traditore" Weighton, giaceva in una stanza disadorna e buia, vegliato solo dai suoi cari in lacrime, senza un fiore, senza qualcuno che venisse a salutarlo un'ultima volta. L'altro, Rodbee, era circondato dai suoi compagni, dalla commozione e dal ricordo di tutti. Così poco sanno perdonare gli uomini, pensai, dal non saperlo fare neanche davanti a Colei che tutti, comunque, renderà uguali...

- Hanno già emesso la loro sentenza, Watson! - Mi sussurrò Sherlock Holmes. - Che Iddio ci perdoni tutti, noi e i nostri rancori...

Dopo un intervento di Pordees gli astanti si ritirarono, con fare riluttante, non senza aver lanciato lunghe occhiate sospettose, così da permettere a Holmes di esaminare i cadaveri. L'investigatore si chinò a scrutarli da vicino, osservando la punta delle mani, il viso, il cuoio capelluto. L'esame fu lungo e approfondito, e sarebbe durato forse ancora più a lungo se un brusio proveniente dal corridoio non ci avesse avvertito che la pazienza dei minatori stava esaurendosi.

- Andiamo, Watson. Vediamo se il nostro amico Pordees ci può accompagnare in galleria!

- A quest'ora di notte?

Holmes alzò le spalle. - In fondo non è poi così tardi. E quanto al buio, immagino che là sotto notte o giorno faccia poca differenza. Ma forse lei vuol cenare, prima?

- Me ne guardo bene! - Risposi con tono lugubre. - Son certo che mi sarebbe difficile digerire. Le confesso che l'idea di ficcarci sottoterra mi riesce alquanto sgradevole...

- Su, su, un vecchio militare come lei! D'altronde è necessario: per quanto siano passate ormai ventiquattr'ore dalla scoperta, e quasi quarantotto dai fatti, possiamo sempre sperare di trovare qualcosa di significativo.

Pordees ci guardò con un'aria stupefatta quando il mio amico gli spiegò le sue intenzioni, ma non ebbe nulla da obiettare. Ci accompagnò fino all'ingresso della miniera, presidiato dagli agenti di guardia. Per fortuna la fama di Sherlock Holmes era in quel periodo diffusa in tutto il Regno Unito, e il sergente che comandava il drappello non se la sentì di negarci il permesso d'entrare: fu proprio lui anzi, ad accompagnarci, proibendo l'accesso a Pordees.

- Brutto soggetto, quello: un vero capopopolo.- Commentò poi, non appena il minatore si fu allontanato.- Ma venite, seguitemi pure! E prendete queste maschere: possono salvare la vita, là sotto...

Attraversammo il vasto spiazzo tra i cancelli e i montacarichi che consentivano agli operai di scendere nei pozzi. Credo di aver già detto che era una notte di novilunio, per di più senza neppure la luce delle stelle a causa di uno spesso strato di nuvole. Per quanto mi sforzassi, perciò, non riuscii a vedere molto di ciò che mi circondava: riuscii a distinguere la baracca del sorvegliante, accanto ai cancelli, e parte della rete che recintava la zona. Il terreno fangoso era stato reso compatto dal calpestio di centinaia di suole, quelle dei minatori che ad ogni turno da sempre compivano lo stesso nostro tragitto. Quando ci infilammo nella gabbia che fungeva daascensore, e questa cominciò ad inabissarsi con uno spiacevole, fragoroso cigolio, nelle viscere della terra, il mio ultimo sguardo prima del buio fu per il fuoco intorno a cui si scaldavano i poliziotti: e un fremito di angoscia mi fece trasalire, al pensiero che forse mai avrei rivisto la luce. "Ridicolo!" Dissi a me stesso, cercando di riscuotermi al pensiero che tanta gente faceva ogni giorno quel viaggio nel ventre della terra. Ma non riuscii a scrollarmi di dosso quella fosca sensazione di pericolo e di orrore che mi attanagliava: solo oggi comprendo che doveva trattarsi di uno di quegli ancora misteriosi meccanismi di premonizione che la nostra coscienza avverte nei momenti cruciali. Il sergente manovrò abilmente i meccanismi della gabbia fin che non ci fermammo.

- Il pozzo principale - disse. - I minatori partono di qui per raggiungere le gallerie attive. Venite.

Ci fece strada, illuminando il sentiero sotterraneo con una lampada di sicurezza. L'ambiente era vasto, molto più grande di quanto non mi aspettassi, reso forse ancora più enorme dal buio che ci sovrastava. Si trattava di una specie di ampia caverna da cui si dipartivano delle vere e proprie gallerie. Il sergente ci pilotò verso una di esse.

- Dovremo andare a piedi, senza poter usare i carrelli. E' una vecchia galleria abbandonata, non ci sono binari laggiù. State attenti: il primo tratto è in discesa. E' stato un miracolo che i corpi siano stati ritrovati perché normalmente nessuno entra in questa galleria. Ma giusto all'imbocco era caduto il berretto di Rodbee e allora i minatori si sono insospettiti. Poi hanno trovato le tracce, e allora...

- Quali tracce? Il terreno è di roccia...

- Qui sì, ma più in giù è fangoso al centro, anche se rimane roccioso su di un lato. C'è una fila di impronte proprio nel mezzo, di due uomini che vanno fino in fondo alla galleria. Non tema signor Holmes, ho letto i racconti del Dottor Watson e so come la pensa su queste cose: siamo stati molto attenti a camminare di lato e a non calpestarle.-

Poco dopo, dall'angusto tunnel discendente in cui ci trovavamo, sbucammo in una galleria un poco più ampia, quasi orizzontale. Fu lì che trovammo le impronte che cercavamo: Sherlock Holmes ci si tuffò letteralmente sopra, con un ardore e una foga che, pur abituali in lui, mi stupirono un poco. Cosa pensava di scoprire Holmes da quelle orme? In fondo sapevamo bene che i due erano scesi da soli, nè da quei dati si potevano trarre elementi che chiarissero la dinamica dei fatti successivi. Omicidio o disgrazia? Questa era la domanda cui dovevamo rispondere. Ma conoscevo la natura meticolosa del mio amico, e la sua estrema attenzione, quasi la mania, di ricostruire ogni passaggio di ciò che era avvenuto, quando eseguiva un indagine: precisione e meticolosità che sembrava dimenticare in ogni altro aspetto della sua vita. Conclusi dunque che Sherlock Holmes stava semplicemente esaminando tutti i dati a sua disposizione, anche se apparentemente trascurabili.

- Notevole! - Disse a un certo punto. - Qui si sono fermati un poco: le impronte si calpestano tra loro. Lei è stanco, Watson?

- Niente affatto, grazie! - Risposi, un pochino piccato per la scarsa considerazione che Holmes aveva della mia resistenza fisica. Continuammo per altri dieci minuti, sempre attenti a non calpestare, cancellandole, le orme che i due attentatori avevano lasciato percorrendo la galleria. D'un tratto questa si allargò un poco, terminando bruscamente in un piccolo spiazzo, se così si può definire un luogo scavato nella viva roccia, alto sette piedi circa e non più largo di nove. Là - ci spiegò il poliziotto - erano stati ritrovati i corpi dei due minatori uccisi dal grisou. Cercai di non pensare che un'altra fuga di gas era possibile in qualsiasi momento, e che tonnellate di roccia e carbone si trovavano sulle nostre teste, trattenute dal franarci addosso solo dalle travi di legno che sostenevano l'intera galleria, e di concentrarmi invece sulle tracce che ancora mostrava la fanghiglia.

- Ma che fa, Holmes? - dissi stupito. - Sta camminando sulle impronte!

- Ah, sì? - Replicò il detective, guardando in basso per un attimo - Non so proprio dove avevo la testa... divengo ogni giorno più distratto. Comunque grazie, Watson. Qui abbiamo finito. Vogliamo tornare?

Il poliziotto sembrò allibito, ed io lo ero con lui. Avevamo camminato per quasi venti minuti, nella notte, in angusti cunicoli, con non pochi rischi, per raggiungere quel luogo di morte, il tutto dopo una faticosa giornata di viaggio: ed ecco che Holmes, che tanto aveva insistito per effettuare subito quella spedizione, non considerava degno il luogo neppure di un minimo di indagini. Ero letteralmente furioso e ci volle tutto il mio self-control per non esplodere ed esprimere al mio amico le mie rimostranze. D'altra parte una lunga vicinanza al grande investigatore mi aveva dimostrato più volte che quelle che sembravano stranezze e bizzarrie dettate da un carattere capriccioso, si rivelavano quasi sempre mosse studiate all'interno di una sagace strategia operativa. Decisi quindi filosoficamente di ingoiare il rospo e seguire il risentito sergente indietro, lungo il buio cunicolo. Non ci scambiammo commenti, quella sera, e al di là di un cortese "buona notte" non ebbi modo di parlare con Holmes. Fu perciò solo la mattina dopo a colazione, gentilmente offertaci dalla Direzione di cui eravamo ospiti, che potei chiedergli cosa pensava del caso.

- Mi sembra tutto molto chiaro, - sorrise - al punto che spero di ripartire stasera, o domani al più tardi per Londra. Ho solo bisogno di girovagare qua e là per gli uffici, cercando l'ultimo anello. Conto di trovare la prova definitiva tornando in quell'orrendo budello che abbiamo visitato iersera, ma ci converrà farlo più tardi: ci sono ancora dei particolari che mi sfuggono... Lei nel frattempo potrebbe sondare gli umori dei minatori.

Non replicai: conoscevo troppo bene Sherlock Holmes per farlo. Sapevo bene che non avrei ottenuto nulla protestando, e chiedendogli anzitempo quale fosse la soluzione del mistero. Al massimo mi avrebbe rivolto un amichevole sorriso e consigliato di applicare i suoi metodi, che sicuramente conoscevo, ai fatti cui entrambi avevamo assistito. Come i miei lettori ben sanno, non si trattava certo di crudeltà d'animo da parte sua, né di un tentativo di sottolineare la sua superiorità intellettuale: il mio amico aveva semplicemente un suo speciale gusto del colpo di scena, della rivelazione improvvisa e drammatica, che lo portava a preferire il silenzio anche con me fino al momento che egli riteneva più opportuno.

D'altra parte non avevo nessuna intenzione di mettermi a visitare i tuguri dei minatori, col rischio di aizzare i sospetti di quella gente su di noi. Passai perciò la mattinata a rimuginare da solo gli avvenimenti della giornata precedente, ripensando ai pochi elementi che erano scaturiti dal colloquio con Pordees, all'esame delle salme, alla visita alla Galleria Maledetta, come l'avevo ribattezzata tra me e me. Come diavolo aveva capito Holmes se Rodbee era un assassino finito vittima della sua stessa trappola, o un attentatore morto nel suo criminale tentativo? Come poteva sperare di sedare i tumulti cherischiavano di scoppiare? Confesso senza vergogna che gli unici risultati di quel possente sforzo intellettuale furono un'irritante sensazione di inadeguatezza e un terribile mal di testa che mi perseguitò l'intera giornata. Quando infine mi fu chiaro che non ero in grado di cavare il bandolo della matassa mi cavai la pipa di tasca e mi accinsi ad aspettare Sherlock Holmes ammazzando il tempo fumando.

Sarà passata forse mezz'ora quando il mio amico ricomparve.

- Andiamo, Watson? Spero non si sia annoiato troppo ad attendermi.

- Non vorrà dirmi che torniamo davvero laggiù!

- Temo proprio di sì, vecchio mio, in compagnia del direttore in persona. Gli ho detto cosa andavo a fare in galleria, e lui ha insistito ad accompagnarci.

In effetti il Signor Dreeson sembrava non star più nella pelle. Mi resi conto dall'eccitazione delle sue parole, dal tremore delle mani, dal rossore del viso, che l'uomo era in preda ad una forte emozione, che non riusciva affatto a dissimulare. Devo dire che comprendevo l'importanza della questione per lui - un vero attentato in miniera avrebbe significato l'intervento dell'esercito, ulteriori disordini, e comunque terribili fastidi - ma non riuscivo a reprimere un impulso di nausea all'idea che la morte di due uomini passassero per lui in secondo piano rispetto ai suoi problemi. Il direttore ci accompagnò con passo svelto, fino alle gabbie dei montacarichi, poi azionò il meccanismo di discesa, sempre bersagliando Sherlock Holmes di domande cui il mio amico ribatteva con un enigmatico sorriso.

L'ultimo barlume di luce sciabolò dall'estrema fessura tra la gabbia e il pozzo, mentre ci gettavamo nelle viscere della terra: e di nuovo avvertii il fremito di orrore che mi aveva colto all'inizio del viaggio sotterraneo precedente. Ero però in qualche modo preparato a ciò che mi attendeva, perché ricordo che fui meno colpito negativamente dal grande ambiente in cui uscimmo, affollato di uomini e carrelli in movimento. Il direttore ci fece strada senza esitazioni, imboccando il tunnel di raccordo verso la galleria abbandonata. Ci infilammo nel budello nero, sotto l'angusta volta di terra e tra le strette pareti, appoggiandoci ai pali e alle travi che ogni metro si ripetevano, a impedire le frane. Scendemmo fino alla zona delle orme, e poi via via fino allo slargo, quando finalmente potemmo smettere di camminare piegati in fila indiana e potemmo di nuovo guardarci in faccia, alla luce della lanterna.

Ero rimasto molto colpito dal fatto che il mio amico non avesse praticamente avuto occhi per osservare nulla del nostro percorso. Era stata una specie di lunga galoppata in cui Sherlock Holmes non si era fermato un attimo nel seguire il direttore fino alla fine della galleria. Così atipico era stato il comportamento di Holmes, così diverso dal modo di fare attento e indagatore, capace di cogliere ogni indizio che gli si presentasse dinanzi, che ben conoscevo e che egli aveva avuto anche solo la notte prima in quegli stessi luoghi, che compresi che c'era qualcosa di strano in tutta la vicenda. Avvertii una sensazione di allarme, di pericolo, che forse mai avevo avvertita così acuta nella mia vita, escluso il giorno della battaglia di Maywand: e rimpiansi amaramente di aver dato retta al mio amico ed aver lasciato nella valigia il mio fedele revolver.

- Dunque, signor Holmes! - Disse il direttore quando ebbe ripreso fiato. - Lei dice che qui troverà la prova definitiva che tanto cercava. L'ha trovata?

- Non abbia fretta, signor direttore, la prego. In fondo qui non si sta male, nevvero? Mi dia un po' di tempo... Ma lei si sente poco bene!

- No, nulla, grazie.- Disse debolmente Dreeson asciugandosi il sudore dal volto bianco come un cencio. - Dev'essere stato lo sforzo. Non ci sono abituato...

- Certo, capisco. - Fece Holmes con voce tranquilla. - In effetti immagino che i dirigenti abbiano poche occasioni di scendere personalmente in miniera. A proposito, - continuò con un tono di voce dura che mi fece trasalire - mi ha stupito molto che lei ci abbia condotto qui con tanta sicurezza, senza neppure esitare. Io c'ero già stato, eppure avrei avuto dei dubbi. Come ha fatto?

- Ecco... mi avevano descritto il posto: sa, per lavoro io consulto spesso la cartina della miniera.

- Strano. Se l'avesse consultata spesso non avrebbe mai fatto aprire il braccio nuovo così vicino al fiume sotterraneo...

Un morso di tarantola non avrebbe fatto fare al direttore un balzo tale quale quello che fece alle parole di Holmes.

- Cosa...chi... - balbettò, addossandosi alla parete.

- Lei ha i nervi scossi, direttore, mi creda. Dovrebbe riposarsi. Certo che è un brutto periodo per lei, lo capisco...Ad ogni modo ora diamoci da fare: scoviamo questa famosa prova e chiudiamo questa storia.

Alla luce incerta della lampada, Holmes avanzò verso lo smarrito direttore, indicando una zona d'ombra della parete.

- Guardi, direttore. Qui potrà vedere l'impronta di una mano, che ho notato già ieri notte. L'uomo che l'ha lasciata era molto stanco, stranamente stanco per essere un minatore, e si è dovuto appoggiare alla parete per sostenersi. Le dimensioni dell'impronta sono tali da farmi escludere che si tratti della mano di una delle vittime. Dunque deve essere di uno dei due assassini: la sua, direttore, o forse del custode suo complice: se avrà la bontà di darmi la mano controllerò l'impronta e risolveremo questo piccolo dubbio.

- Era questa la sua maledetta prova! - Ruggì il direttore, riprendendosi. - Ma non mi avrà!

Dreeson si era staccato dalla parete a cui era rimasto incollato fino a quel momento, e si era avvicinato all'uscita. Mi mossi per sbarrargli la strada, ma un cenno di Sherlock Holmes mi arrestò.

- Certamente lei crede di aver vinto, signor Holmes. Ma temo che stavolta abbia trovato qualcuno più furbo di lei. E' stato poco intelligente lasciarsi scappare che aveva avvertito la polizia della nostra gita: ho fatto notificare al sergente da parte sua che l'impegno era annullato. Non verrò nessuno a salvarvi, signori: potete smettere di guardare la galleria. O meglio no, osservatela pure. Craksee, vieni qui!

Un ombra si materializzò dal buio del tunnel che ci aveva portato in quel luogo d'orrore e di morte. Il custode, un uomo di media taglia, dalla faccia truce, avanzò nel piccolo spiazzo, con una rivoltella in mano.

- E' stato facile seguirvi direttore, come avevate detto. Bastava osservare la lampada.

- Hai parlato al sergente come ti avevo ordinato?

- Certo. E' stato ben contento di non dover più scendere qui sotto. Dobbiamo ammazzarli come gli altri due?

- Temo proprio che sia necessario. Ha qualcosa da chiedermi prima, signor Holmes? Ai condannati non si nega un ultimo desiderio...

Eravamo in trappola. Mi era purtroppo chiaro che l'astuto stratagemma di Holmes, riportare l'assassino nel luogo del delitto per farlo confessare, fidando sulla protezione nascosta della polizia, si era trasformato in un micidiale "boomerang" che non dava più scampo. Decisi perciò di tentare il tutto per tutto, e mi misi ad occhieggiare il mio amico in attesa di un segnale. Era quasi certamente inutile, ma preferivo senz'altro vender cara la pelle. Sherlock Holmes, dal canto suo, appoggiò con aria noncurante le spalle alla parete, come se la cosa non lo riguardasse. Non mi aspettavo da lui un atteggiamento simile e la cosa mi sconcertò per un attimo, finché non pensai che doveva trattarsi di una manovra per ingannare i nostri nemici: al momento buono l'investigatore sarebbe scattato come una molla nel disperato tentativo di sopraffarli. Raccomandai l'anima a Dio e mi preparai al momento supremo.

- Sì, ho un ultima domanda da farle. - Disse Holmes. - Quando li avete lasciati qui erano solo storditi. Come eravate sicuri che sarebbero morti?

- Quando questa galleria era ancora usata era costantemente invasa dal grisou. C'è un pozzo di aerazione che impedisce che se ne accumuli troppo: quando li abbiamo lasciati quaggiù lo abbiamo bloccato, simulando una piccola frana. Sapevamo che in poche decine di minuti il gas li avrebbe uccisi. Come le ho già detto, quando i cadaveri sonostati raccolti, ho fatto riaprire il pozzo di aerazione.

- E come farete a giustificare la nostra morte? - Chiesi.

- Faremo saltare la galleria, uscendo. Sarete stati vittima dell'ennesima frana: nessuno si stupirà più di tanto. Ma ora basta. Preparatevi a morire.

Uno strano rumore - una specie di schianto, come un albero che si spezza - rimbombò un secondo dopo sotto quelle silenziose volte. Craksee oscillò un attimo, fissandomi stupito con grandi occhi sbarrati: poi rovinò in avanti con la nuca fracassata. Prima che avessi il tempo di capire cosa accadeva, un violento colpo di mazza centrò il direttore all'addome, facendolo piegare in due senza fiato dal dolore. Sherlock Holmes, senza fare una piega, si diresse verso l'angolo opposto del pertugio, prese la lampada appoggiata in una nicchia in alto e con calma si chinò ad osservare il caduto.

- Morto. - Commentò laconicamente. - Ci è andato giù pesante, Pordees.

- Sa com'é, signore: - fece l'omone, che era spuntato inaspettato dalla galleria - avevo un fatto personale con questo qui. E' sempre stato un dannato crumiro.

- Vede, direttore, - disse l'investigatore al nostro mancato assassino - quando avrà smesso di muggire e sarà riuscito ad alzarsi di nuovo in piedi, potrà riflettere sul fatto che io sono un poco meno stupido di quanto lei credesse, e le mie mosse un tantino meno prevedibili. Ora, se non le dispiace, vorrei tornare in superficie: noi cittadini non apprezziamo molto il buio delle gallerie. Fermo, maledizione!

Il grido di Holmes mi riscosse dallo stato di semi-incoscienza in cui mi trovavo. Con un gesto improvviso Dreeson si era portato una mano alla bocca, e prima che chiunque potesse impedirglielo, aveva trangugiato qualcosa. Subito dopo crollò a terra in preda a orribili convulsioni che cessarono dopo qualche secondo. Era morto.

- Andiamo via di qua, Watson. Quest'uomo è sfuggito al boia.

- E' sfuggito alla punizione degli uomini, Holmes. Solo a quella.

- Sì, andiamo via e presto.- Disse Pordees, con aria preoccupata. - Questi scricchiolii non mi piacciono per niente. Non sarebbe la prima frana in questa parte delle miniere.

Non era necessario un avvertimento migliore per metterci le ali ai piedi. Ricordo quel viaggio di ritorno nella buia galleria, quel budello che sembrava non finire mai, come di una lunga corsa fatta senza mai riprendere fiato. In un paio di punti cozzai violentemente nelle pareti laterali, e spesso scivolai nella fanghiglia che coprivaquasi tutto il terreno: ma non mi arrestai neppure un istante, serrando i denti e cercando di non sentire la fatica, né le pulsazioni delle mie povere tempie. Avvertivo sopra il rumore della nostra corsa scricchiolii sinistri, sempre più forti e vicini, e quando eravamo ormai vicini all'uscita della galleria nella grande caverna d'entrata un sordo frastuono cominciò a coprire tutti gli altri rumori.

- La frana! - Urlò con quanto fiato aveva in gola Pordees, senza fermarsi - Correte, se vi è cara la vita!

Un rombo ci seguiva, crescendo e montando come il rumore di una valanga. Il frastuono cresceva sempre di più, come il terrore che mi riempiva l'anima, come la fatica che cominciava ad appesantire le mie gambe, come il ritmo forsennato della nostra disperata corsa. Infine il rombo mi avvolse, insieme al nugolo di polvere e carbone che accecava e soffocava: fui come sollevato da una forza spaventosa e scaraventato in avanti, nel polverone .Chiusi gli occhi, e mi riparai la testa cadendo a terra, in un gesto istintivo quanto inutile, attendendo la frana di roccia che mi avrebbe ucciso. Rimasi lucido ed incredibilmente calmo, questo lo ricordo bene: come ricordo la lunghezza eterna di quel momento, durante il quale ebbi il tempo di ripercorrere, come in un lampo, tutta la mia vita, e di accomiatarmi con un ultimo rimpianto dalle persone che vi avevano svolto un ruolo cruciale...

Ma la frana non arrivò mai. Lentamente, impercettibilmente, il rumore calò e l'aria si fece via via più respirabile. Stupito, alzai la testa e riaprii quegli occhi che credevo mai più avrebbero rivisto la luce. Lo spostamento d'aria causata dalla frana mi aveva catapultato fuori dal tunnel, nella galleria di raccordo. Pordees e Holmes, che mi precedevano nella corsa, tossivano accanto a me: eravamo, incredibilmente, salvi. Mi rialzai con un certo sforzo, osservai i primi minatori che ci correvano incontro, richiamati dal rumore della frana; mi girai con aria stordita ad osservare quello che una volta era l'ingresso al tunnel, ridotto ad un ammasso di detriti, pali spezzati, e polvere di carbone: e persi i sensi.

Mi ripresi dopo pochi minuti, già nelle gabbie degli ascensori, dove mi avevano trasportato. Non dimenticherò mai la sensazione di liberazione che provai quando la gabbia emerse nella luce del pomeriggio, nella benedetta luce del sole morente: il cuore che si allargò alla vista di quello spiazzo fangoso che avevo giudicato orrendo solo quella mattina.

- "E quindi uscimmo a riveder le stelle" - Citò Sherlock Holmes, appoggiandomi una mano sulla spalla. - Tutto bene, vecchio mio? Temo proprio che se un giorno pubblicherà questo caso, i suoi lettori mi perdoneranno difficilmente dall'averla esposta a un pericolo di questa portata.

- Tutto è andato come lei aveva previsto, signor Holmes, - interloquì Pordees prima che potessi replicare - a parte la frana naturalmente. Devo farle i miei complimenti. Ho detto ai minatori che era successa una disgrazia. Se vorrete seguirmi fino alla direzione, vorrei che mi accompagnaste: c'è in corso un consiglio di amministrazione e vorrei portare la notizia insieme a voi.

Nel piazzale la notizia passava di bocca in bocca e i minatori si affollavano agli ingressi per andare a vedere cosa fosse successo. Passammo perciò quasi inosservati e potemmo incamminarci da soli verso la direzione.

- Perchè diamine non mi ha detto nulla, Holmes? - Chiesi.

- Ha tutte le ragioni, Watson. Lei sa che non mi sarei mai permesso con lei un tiro del genere: il guaio è che Dreeson ci è comparso a fianco mentre stavo per parlargliene. Ho dovuto tacere, fidando nella bontà del suo sistema circolatorio. Gli avevo fatto credere che cercavo la prova finale e lui non stava in sé dall'ansia. Contavoproprio su questo, e sul finto errore di fargli sapere che avevo avvertito i poliziotti di seguirci. Capisce, tutta la scena era costruita per drammatizzare la situazione, e farlo confessare.

- Ma perchè?

- Perchè non avevo prove, Watson. Ero certo che fosse il colpevole, ma nessun giudice l'avrebbe condannato sulla base dei miei indizi.

- Ma l'impronta della mano... Avrebbe potuto prenderne un calco!

- Mi fa piacere che anche lei ci abbia creduto. Come attore drammatico non sarei stato poi malaccio... Era tutto falso; non c'era nessuna impronta là sotto. Ho approfittato del buio, dell'ambiente, del senso di colpa del direttore, e il bluff ha avuto successo.

- Un bel rischio però. E se non ci fosse caduto?

- Non aveva scelta: doveva caderci. L'avevo provocato troppo. In realtà non avevo mentito: ero davvero in cerca della prova definitiva. Doveva darmela lui però...

- Come ha capito la verità, Holmes?

- Non è stato difficile. In verità, già a Baker Street mi era apparso chiaro che nessuna delle due versioni stava in piedi. Sia che si trattasse dell'omicidio di un traditore, poi finito in doppia tragedia per una fuga di grisou, sia che fosse avvenuto un tentativo di attentato, c'era un fatto fondamentale cui non si dava spiegazione: che ci faceva un minatore esperto senza maschera in una galleria abbandonata, notoriamente pericolosa? Era evidente che non ci era entrato di sua volontà Quando ho esaminato i cadaveri ho visto che erano puliti. Non avevano tracce di carbone, se non sotto le unghie del vecchio minatore, e non avevano abiti da lavoro. Mi hanno detto che i cadaveri non erano stati toccati: dunque la tragica escursione nella galleria non era stata prevista, ma decisa all'ultimo momento. Ad ogni modo, la prova che quei due erano stati portati in galleria, e non ci erano andati da soli, l'ho avuta subito dopo, quando siamo scesi. Ricorda le orme?

- Certo. Erano di due persone che si recavano verso il fondo. Nessuno era tornato indietro!

- Nessuno che camminasse sul fango. Ma se qualcuno lo avesse fatto sullo sperone di roccia su cui camminavamo noi non avrebbe lasciato tracce. Se rammenta bene, a un certo punto sono sceso anch'io sul fango: io peso almeno quanto dovevano pesare le due vittime, eppure le mie impronte erano molto meno profonde.

- Quindi quelle erano le impronte degli assassini, carichi del peso di quei poveretti che trasportavano dopo averli storditi... sfido che a un certo punto si son fermati a riprendere fiato! Ma qual è il movente di tutta questa storia?

- L'ho scoperto solo stamani, frugando tra le carte del povero Weighton, ed è stato così che ho capito chi erano gli assassini: o meglio, l'altro, oltre il custode. Lui c'entrava senz'altro: aveva mentito per la gola per avvalorare l'ipotesi ufficiale. Seguendo un indicazione trovata tra gli appunti di Weighton sono risalito fino ad un antica mappa nascosta in un vecchio libro sulle miniere inglesi: era rozza e approssimativa, ma ho capito che si trattava di uno schizzo della miniera di Addleton che risaliva a diversi anni fa. L'assassino aveva frugato a lungo tra le cose del poveretto, ma non era riuscito a trovare la mappa.

- Non capisco. La mappa della zona è visibile in direzione...

- Certo, ma ho qualche dubbio che sia del tutto corrispondente alla verità! Vede, pare che circa un anno fa sia stato aperto un nuovo braccio della miniera. Weighton , allora uno dei capi minatori, ebbe il sospetto che si trattasse di una zona pericolosa, e che la Direzione lo sapesse benissimo. Così finse di accordarsi con Dreeson, per intrufolarsi nei suoi uffici e verificare la sua ipotesi. Rodbee doveva essere d'accordo con lui, e penso anzi che il primo ad accorgersi del pericolo debba essere stato proprio il vecchio ed esperto minatore. Comunque sia, nessuno doveva sapere, e il segreto mantenuto a qualunque costo.

- Povero amico mio! - Sussurrò Pordees. - Cosa non deve aver sofferto!

- Dopo diversi mesi di ricerche Weighton trovò la vecchia mappa, radicalmente diversa da quella ufficiale proprio nella zona in questione. Io non me ne intendo molto, ma mi sembra evidente che i nuovi pozzi si avvicinino a una falda d'acqua. Weighton si consulta con Rodbee e infine avverte il direttore di aver scoperto tutto. Questi deve aver finto di cadere dalle nuvole e avrà chiesto di andare a vedere insieme per controllare l'esattezza dello schizzo: poi, appena in galleria, insieme al custode, ha colpito e ucciso.

- Come mai nessuno li ha visti?

- Il direttore è stato attento a scegliere il momento: a quell'ora i minatori erano tutti nei pozzi attivi: non ci sarebbe stato nessuno alla gabbia degli ascensori salvo il custode. L'ingresso della galleria abbandonata è molto vicina a quel punto.

- Weighton avrebbe fatto meglio ad avvertire la polizia, invece di minacciare il direttore...

- Non so, Watson. Era un uomo coraggioso: ha tentato. In fondo, un'inchiesta avrebbe potuto pur sempre essere bloccata. Era una decisione difficile.

Continuammo a camminare in silenzio, fino alla palazzina della direzione. Entrammo seguendo Pordees e camminammo a grandi passi nei corridoi, fino ad una grande porta di quercia, davanti alla quale stazionavano due eleganti commessi.

- Prego signori, prego: il consiglio è in corso, non è proprio possibile... - Disse il primo. Con una specie di ringhio e un paio di parole irriferibili, Pordees lo scaraventò letteralmente contro il muro: senza curarsi degli sguardi terrorizzati dei due poveretti affibbiò un formidabile calcione alla porta che si spalancò di colpo. Holmes mi guardò, e con un gesto mi invitò a seguirlo. Mi sembrava addirittura divertito e devo ammettere che gli sguardi allibiti dei due poveri commessi avrebbero meritato un degno pittore. Fu così che circa mezz'ora dopo esser stati quasi sepolti dalla frana, sporchi e laceri com'eravamo, piombammo nel bel mezzo della riunione del consiglio di amministrazione della Società Mineraria.La grande sala, tutta adornata da enormi grafici e quadri riguardanti le miniere, era occupata da un lungo tavolo ad "u", dietro al quale una diecina di persone dall'apparenza molto rispettabile stava evidentemente ascoltando la relazione di quello che doveva essere il presidente. Dalle reazioni dell'uditorio alla nostra drammatica entrata in scena non faticai a comprendere che quei poveretti credevano di avere a che fare con una vera rivolta dei minatori: e fu solo dopo un efficace discorsetto di Pordees che sembrarono rendersi conto della situazione e delle nostre reali identità. Un silenzio di tomba seguì le dichiarazioni di Sherlock Holmes, che ripeté in sommi capi quanto mi aveva svelato poco prima. Il mio amico parlò concisamente, con una noncuranza che raramente avevo notato in lui in quei cruciali momenti che concludevano un indagine: anche da questo particolare notai che egli era entrato in quella fase di indifferenza e quasi di appagamento, che lo rapiva al termine di un caso in cui aveva profuso le sue energie: per lui quella storia era già terminata.

- Bene, Pordees, - disse il presidente schiarendosi la voce dopo il penoso silenzio che era seguito alle parole del mio amico - spero che naturalmente lei e i suoi non vorrete approfittare di questo spiacevole episodio nelle nostre controversie...

Il minatore sorrise, osservandosi attentamente le unghie.

- Bene, presidente, - ribatté - è ovvio che lo faremo: tanto più che dubito molto che questo, come lo chiama lei, spiacevole episodio, sia stata un'iniziativa personale di Dreeson: voi sapevate che il braccio nuovo non andava aperto!

- Non le permetto...

- E via! Lei non è in grado di assumere questo tono con me. Lasciamo perdere le vostre responsabilità: dimentichiamo il fatto che il direttore non poteva agire di testa sua aprendo il braccio nuovo contro ogni norma di sicurezza: dimentichiamo perfino quello che succederà quando i miei compagni sapranno tutta la storia. Voi, signori, non credete che i risparmiatori avranno qualche problema nell'investire i loro danari nelle azioni di una società il cui consiglio di amministrazione è per intero in predicato di finire in galera?

I rapidi scambi di sguardi, il pallore improvvisamente comparso sul volto degli astanti, i sommessi bisbiglii, mi resero chiaro che Pordees aveva colto nel segno.

- Lei ha qualche idea in proposito? - Disse con voce sommessa il presidente.

- Non vedo problemi. Si può avvalorare la versione di un doppio incidente: il primo a Weighton e Rodbee, il secondo a Cracksee e Dreeson, i cui corpi non possono essere recuperati. In cambio voi chiudete il braccio nuovo, aumentate le paghe, riconoscete la commissione interna e accettate quel famoso pacchetto di richieste sulla sicurezza su cui stiamo discutendo da mesi. In più firmate una ammissione di responsabilità sull'accaduto, a futura memoria. Null'altro.

- Null'altro? - Esplose il presidente. - Ma così ci prendete per il collo!

- Brutta frase per uno che il collo ce lo potrebbe avere nel cappio... scegliete.

- E... lei, signor Holmes, cosa chiede per... cancellare l'episodio?

Il mio amico fulminò l'interlocutore con lo sguardo.

- Il mio premio, signori, è in genere il lavoro stesso. Ma credo che in questo caso farò un'eccezione. Credo che ventimila sterline siano una sufficiente punizione per la vostra impudenza. La mia banca è la Capital & Counties Bank, filiale di Oxford Street. Buongiorno, signori.

Era troppo tardi per tornare a Londra quella sera e così fummo costretti a rimanere ancora ad Addleton per quella notte. Non ce la sentimmo però di rimanere ancora ospiti della direzione dopo quanto era successo: accettammo perciò volentieri l'invito di Pordees a passare la notte a casa sua. La sera ci fu una festa in nostro onore, in quella che era considerata l'osteria locale: una specie di bettola assurta alla dignità di pub, data la carenza di termini di paragone. Dopo numerosi giri di birra con relativi brindisi alla nostra salute, il discorso cadde sulle abitudini sportive locali.

- Lotta e soprattutto boxe...- Dichiarò sorridendo Pordees - Tutte cose che voi londinesi non potete capire!

Sherlock Holmes sussultò leggermente.

- Dieci riprese van bene? - Chiese gentilmente.

Gli urli di gioia dei minatori che ci circondavano mi assordarono per un attimo, mentre Pordees si staccava lentamente il boccale dalle labbra.

- Lei ha voglia di scherzare, signor Holmes: questo non è un gioco da signorine. Io sono il campione locale, da quando ho massacrato Tryson, l'anno scorso.

- Allora van meglio quindici.

La folla di minatori intorno a noi si allargò di colpo e subito venne allestito un ring di emergenza. Ricorderò a lungo quella scena: l'aria soffocante, resa rossastra dal fumo e dai bagliori del fuoco, la folla sudata ed eccitata che si accalcava tutto intorno alle corde, e il clamore assordante che mi frastornava. Ebbi l'onore di essere il secondo di Sherlock Holmes e, dotato di un secchio e di un asciugamano, lo assistevo tra un round e l'altro. Il massiccio Pordees si piazzò al centro del ring, incitato dai suoi, agitando i pugni, pesanti come pietre. Holmes al contrario, gli saltellava attorno stuzzicandolo con dei colpi ai fianchi. Il minatore rispondeva con deicazzotti che avrebbero steso chiunque, ma che non arrivavano quasi mai a segno. La cosa continuò per un pezzo, fino a che Pordees, stizzito, non ebbe la cattiva idea di scoprirsi. Il mio amico gli assestò immediatamente un paio di ganci al volto e un discreto diretto allo stomaco. Infine poté piazzare del tutto incontrastato un micidiale "uppercut" che sollevò quasi da terra l'avversario per depositarlo tra le braccia dei suoi ammutoliti ammiratori.

Negli anni successivi Pordees, divenuto rappresentante laburista della sua contea alla Camera dei Comuni, venne spesso a trovarci a Baker Street, e non mancava mai di far cenno, massaggiandosi dolcemente la mandibola, alla insospettabile abilità boxeristica di certa gente. Quanto a Sherlock Holmes conserva ancora, tra i suoi ricordi più cari, una piccola medaglietta di nessun valore, su cui è rozzamente incisa la scritta: "Al Campione di Addleton".
 
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0wn3r
view post Posted on 5/4/2010, 22:18     +1   -1




bellissima :)
 
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1 replies since 31/1/2010, 21:14   152 views
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