Gli Orologiai di Bridge Street, I racconti perduti del dottor Watson

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billiwing1
icon13  view post Posted on 5/2/2010, 21:31     +1   -1




Gli orologiai di Bridge Street



Quel giorno stavo sistemando gli appunti dell'ultima mia avventura con il signor Sherlock Holmes, quando pensai di fare un salto da lui. In quei giorni le notizie dei giornali erano preoccupanti e volevo conoscerne la sua opinione. Il mio amico è sempre attento a tutto ciò che accade a Londra. Anzi, credo che compri tutti i giornali che escono in questa città e che legga tutti gli articoli, soprattutto quelli nelle ultime pagine.
Arrivai a Baker Street verso le dieci del mattino. Vidi dalla finestra il mio amico Holmes che osservava due oggetti nelle sue mani lunghe e affusolate. Salii in casa per saperne di più. Entrai nel suo studio con le pareti rosso scarlatto e lo vidi seduto nella sua poltrona, in camicia da notte che fumava la pipa osservando due pregiati orologi di splendida fattura artigianale.
«Oh, buon giorno, dottor Watson! Sa dirmi che ora è?»
Rimasi spiazzato da quella domanda, dato che aveva quegli orologi in mano, ma risposi immediatamente dopo aver dato una rapida occhiata al mio modesto orologio da taschino in argento.
«Le dieci e un quarto, direi. Dovrebbe essere giusto, questo orologio.»
«Giusto! Le dieci e un quarto per lei, per questi orologi, ma non per la città di Londra! Immagino che abbia letto il giornale, ieri mattina.»
Mi porse il Times del giorno prima nel quale c'era una prima pagina che aveva scioccato l'intera popolazione di Londra da due giorni.

Questa mattina tutta la città di Londra è andata nel panico non conoscendo più l'ora riconosciuta esatta dalla Regina d'Inghilterra. Le lancette del monumentale orologio di Bridge Street, il Big Ben, si sono fermate sulla mezzanotte precisa e hanno iniziato a girare nel senso contrario. Le persone che quella notte avevano osservato il fatto hanno dichiarato di essersi spaventate guardando l'enorme contatore del tempo Londinese. Due orologiai sono già stati candidati per la riparazione del gigantesco orologio, Stephen McDone e Joseph Steel, entrambi esercitanti nella via del Big Ben.

L'articolo proseguiva a pagina tre e quattro, ma praticamente riportava solo alcune interviste ai passanti di quella notte. Consegnai il giornale a Holmes. Mi guardò comprensivo, ripose il giornale in un cassetto della scrivania lucida, posò gli orologi e, congiungendo le dita e appoggiando i gomiti sul piano, mi interrogò.
«Bene, Watson... Sa dirmi qualcosa che il giornale non sa di ciò che ha appena letto?»
Ci pensai qualche secondo, con lo sguardo fisso sui due orologi.
«Allora, se ben ricordo, McDone e Steel sono gli unici orologiai di Bridge Street e i più famosi di Londra. Il primo e giovane e lavora da pochi anni, dopo aver ereditato dal padre il negozio, mentre il secondo è il più anziano ed esercita già da molti anni.»
«Molto bene, dottore. Ora, dall'articolo possiamo anche dedurre che c'è una qualche sorta di rivalità tra i due, dato che entrambi sono candidati alla riparazione dell'orologio ed entrambi sono venuti qui ad accusare l'altro di aver bloccato e aver invertito il giro delle lancette.»
Ora capivo il significato degli orologi che Holmes aveva esaminato. Riconobbi immediatamente quello costruito dal signor Steel. Aveva degli intarsi tutt'intorno al quadrante e i numeri, scritti con caratteri latini, erano di un dorato sottile e luccicante. Immaginai che l'altro appartenesse a McDone. Non ne avevo mai visto uno e constatai che la fattura era spartana e poco decorata, se non per un rilievo che riportava le lettere MD intrecciate tra loro.
«A vista d'occhio, dottor Watson, quale dei due orologi prenderebbe?»
«Quello di Steel. É più decorato e immagino funzioni altrettanto bene di quello di McDone, se non di più.»
Holmes sorrise. Mi resi conto di aver detto una cosa per lui ovvia. Quindi aspettai le spiegazioni che non tardarono ad arrivare.
«Io, invece, mio caro amico, sarei molto in dubbio. Certo, immagino che queste eleganti decorazioni impreziosiscano l'oggetto in sè, ma se ascolta e osserva con attenzione, noterà che l'orologio di Steel ritarda di due secondi ogni minuto. E' un dettaglio trascurabile, ma mi ha incuriosito a tal punto che ho aperto l'oggetto e ho notato che per via della vecchiaia, il tremore delle mani del fabbricante lo porta ad un'imprecisione minima ma esistente nel posizionamento degli ingranaggi dentro l'orologio. Però, nonostante ciò, i decori del quadrante e il tocco leggero delle lancette nello scandire i secondi rendono questo oggetto altrettanto di valore rispetto a quello di McDone, che non mette nessuna grazia nella musicalità del movimento delle lancette.»
Holmes mi passò i de orologi. Li avvicinai all'orecchio e compresi ciò che il mio amico intendeva dirmi. L'orologio di Steel scandiva ogni secondo in modo leggero e quasi impercettibile, con una morbidezza che ricordava i decori su di esso incisi, mentre quello di McDone aveva un suono cupo e un ritmo deciso, quasi fastidioso, spartano come il suo aspetto.
Il mio amico prese da sotto una pila di vecchie carte e ritagli di quaotidiani la sua potente lente d'ingrandimento e mi chiese di aprire gli orologi.
Feci come aveva detto. Osservando attentamente notai che quello di McDone aveva incise le stesse lettere MD intrecciate come nell'esterno dell'oggetto. Aprii anche quello di Steel e mi resi conto di quanti ingranaggi in più avesse. Sembrava che per rendere quel melodico movimento dovesse ridurre al minimo lo spazio e accompagnare il più possibile il movimento delle lancette. Notai anche che, nonostante la cura, gli ingranaggi dell'orologio di Steel erano leggermente fuori asse in certi punti, soprattutto nelle parti più piccole.
Chiusi entrambi gli orologi e restituii tutto a Holmes.
«Vede, mio caro Watson, ieri pomeriggio entrambi gli orologiai, a due orari diversi, sono venuti da me accusando l'altro di frode e di aver invertito il giro delle lancette del Big Ban chiedendomi di indagare. Mi sono fatto lasciare da entrambi un orologio per analizzarne la fattura, il funzionamento e per divertirmi un pò. Tra pochi minuti vedrà perchè, sempre se desidera concedermi la sua compagnia.»
Acconsentii e mi sedetti accendendomi un sigaro. Pochi minuti dopo suonarono alla porta ed entrò nientemeno che Stephen McDone. Holmes si affrettò a nascondere l'orologio del nostro ospite e, mettendosi comodo, sempre con la pipa in bocca, finse di analizzare quello di Steel.
«Buon giorno, signor Holmes.»
«Oh, buon giorno McDone. Questo è il signor Watson, mi aiuterà nelle indagini.» rispose Holmes senza distogliere gli occhi dall'orologio.
«Vedo che ha in mano un orologio di quella canaglia del mio avversario. Quell'idiota! Passa tanto tempo a inserire decine di ingranaggi e a intarsiare i bordi delle sue creazioni senza accorgersi che i suoi orologi ritardano di dieci secondi ogni cinque minuti! Forse non l'avrete notato, signor Holmes, ma per un orecchio allenato come il mio è quasi impossibile non accorgersene!»
«In realtà me ne ero accorto dopo i primi due minuti di ascolto del tichettio e sono lieto di annunciarle che non è dovuto alla poca attenzione del suo collega, ma alla sua anzianità. Anzi, credo che ciò renda questi oggetti unici nel loro genere.»
Trattenni una risata. McDone era visibilmente seccato. Era un uomo giovane, sulla trentina. Portava un costoso ed elegante vestito e teneva nel taschino un orologio di cui si poteva vedere la catena. Aveva capelli scuri, occhi tendenti al verde un velo di barba, che indicava il poco tempo che aveva per radersi. Si sedette nella sedia a fianco alla mia mentre prendevo appunti.
«Comunque è riuscito a scoprire qualcosa su Steel? Ha scoperto se è lui il colpevole?»
«Conto di andare sul luogo del crimine domani col mio amico Watson, se lui è d'accordo. Oggi mi concentrerò su questa pipa e mi diletterò con questo buon libro.»
Holmes si abbandonò ancora di più alla sua poltrona e prese un romanzo di Poe da un cassetto della scrivania. Non mi sorprenderei se l'avesse posizionato lì già in precedenza. Il nostro ospite, visibilmente seccato e turbato, prese il bastone da passeggio e il cappello e salutandoci con tono sgarbato uscì. Lo vidi girare l'angolo e prendere una carrozza. Mi voltai verso Holmes che posò il suo libro e sirivolse a me.
«Che sfacciati, questi giovani! Comunque sono contento che se ne sia andato. Era inutile. Come tutti i ragazzi con un pizzico di talento non faceva altro che vantarsene criticando gli anziani. Ma adesso, se il destino ci sarà d'aiuto, riceveremo una visita più gradita.»
Mi rimisi a sedere lasciando cadere un pò di cenere nel posacenere sulla scrivania. Diedi un'occhiata al libro che Holmes aveva usato. Era completamente vuoto e la copertina era incollata sopra. Sherlock Holmes ha sempre detestato Alan Poe. Considerava il suo personaggio troppo sentimentale e poco logico. Troppo diverso da lui, insomma. Non mi stupii e lo riposi nella libreria dal quale era stato tolto prima del mio arrivo.
Appena tornai al mio posto suonarono nuovamente e questa volta entrò Joseph Steel. Era un uomo anziano, con un paio di piccoli occhiali sul naso adunco. Era quasi del tutto calvo e leggermente ingobbito. Vestiva di grigio con una bombetta nera tra le mani che appese insieme al cappotto. Le lunghe dita magre erano avvolte da dei morbidi guanti di velluto nero.
Holmes, appena lo vide, sostituì gli orologi tirando fuori quello di McDone inscenando la stessa commedia di prima. Pensai che forse avrei fatto bene a lasciare il libro dove stava, ma mi tranquillizzai quando vidi l'espressione di attenzione nello sguardo di Holmes, che prima mancava quano era presente McDone.
Steel si sedette e Sherlock Holmes iniziò ad osservare più attentamente l'orologio di McDone.
«Oggetto interessante, ma di dubbio valore.» intervenne Steel. «Per quanto possa essere preciso, è poco aggraziato. Sono certo che l'avrà notato anche lei, signor Holmes, come sia netto e fastidioso il suono che quel movimento di cinque ingranaggi marchiati in malo modo produce. Può dire quello che vuole, ma un bell'orologio è più importante di un orologio preciso al millesimo!»
Holmes posò l'orologio sulla scrivania. Sperai che nessun ritaglio o foglio di carta ci finisse sopra, altrimenti sarebbe stato perso per sempre.
Il mio amico si sporse verso Steel e appoggiò il mento sulle mani unite.
«Oltre alle accuse, ha qualche informazione utile da darci?»
«No, signor Holmes, volevo solo chiederle come stavano andando le indagini.»
«Per adesso mi limito ad analizzare i fatti e a creare teorie accettabili, ma non potrò fare nulla di tutto ciò fino a domani, quindi, se non ha altro da aggiungere, la contatterò per darle altre informazioni.»
Steel riprese il cappello e il cappotto e uscì di casa teso, ma non nervoso.
Nuovamente mi girai verso Holmes.
«Naturalmente avrà notato, Watson, come il nostro primo ospite abbia attaccato l'avversario, mentre come Steel si sia limitato a criticare le sue scelte.»
«Quindi sospetta che sia stato McDone a invertire il giro delle lancette del Big Ben.»
«Per ora mi limito ad analizzare i fatti. É prematuro nutrire sospetti adesso, senza uno straccio di prova concreta. Domani analizzeremo il tutto sul posto, sempre se vorrà accompagnarmi!»
«È sempre un piacere, Holmes!»
Il giorno dopo, di buona mattina (in quel periodo mi svegliavo molto presto, forse perchè ero stressato dal molto lavoro che avevo avuto in quei giorni), mi recai a Baker Street da Sherlock Holmes e lo trovai sulla porta, con in mano i due orologi, che mi stava aspettando già vestito con il suo mantello a quadri.
Prendemmo la prima carrozza disponibile e in una mezz'ora fummo a Bridge Street.
La lunga via, sede di alcuni dei più bei monumenti inglesi, si diramava per varie centinaia di metri di negozi e alloggi. Verso l'inizio notai il negozio di Steel, chiuso senza alcuna spiegazione segnalata. Era una piccola bottega con gli interni completamente in legno, ricoperti da una particolare carta da parati verde spento invecchiato dagli anni. La vetrina, opaca dall'atmosfera e dalla poca cura, mostrava le più svariate qualità di orologi, di tutte le forme, colori e dimensioni.
«Holmes, forse potrebbe esserle utile osservare la bottega di Steel!»
Sherlock Holmes diede un'occhiata con lo sguardo di uno che conosce a memoria ciò che sta osservando, e, senza fermarsi, si ricondusse per la sua strada.
Il mio amico mi prese per una manica della giacca e mi trascinò verso una locanda per fare colazione.
Ci sedemmo a un tavolo per quattro persone occupato da solo una giovane coppia.
«Sono libere queste sedie?» chiese Holmes.
«Certo, sedetevi pure!»
Ci accomodammo e una giovane cameriera ci porto uova e bacon che consumammo con molta calma.
Sherlock Holmes, a metà di una fetta di bacon, mi fissò, poi girò lo sguardo verso la coppia e iniziò a parlare.
«Watson, sa più niente di quel caso riguardante i due orologiai? Si sa chi dovrà riparare il Big Ban?»
Capii che dovevo reggergli il gioco, quindi scossi la testa cercando di afferrare con la forchetta un pezzo di uovo mlto sfuggente.
«No, non sono più riuscito a sapere niente...»
Passarono alcuni istanti di silenzio, poi il ragazzo seduto a fianco a Holmes iniziò a parlare spiegandoci ciò che sapeva.
«Mi pare di aver capito che vi state interessando alla vicenda dei due orologiai... Ebbene, ho letto proprio questa mattina che la cura dell'orologio sarà affidata a Joseph Steel per la sua anzianità. Personalmente credo sia la scelta giusta...»
Holmes lasciò una sterlina sul banco e corse fuori dal locale diretto verso l'orologio.
«Corra Watson! Spero di essere ancora in tempo! Se è come penso, qualcuno potrebbe morire, questa sera.»
Arrivati al Big Ban notai una cosa molto strana. L'orologio era lievemente in ritardo rispetto all'ora che avevo visto quando eravamo entrati nella via. Lo feci notare a Holmes, sottolineando che era un'impressione.
«Se è come dice, Watson, le mie paure sono placate e ci siamo affannati per niente. Se mi permette, vorrei farle notare che siamo uno pari come indizi a sfavore di entrambi gli imputati. Potrebbe essere McDone dato l'atteggiamento, ma potrebbe essere anche Steel, data la sua sagace osservazione delle lancette dell'orologio. Resta solo una cosa da fare, col beneficio del dubbio: cercare il più possibile il più velocemente possibile tra i complicati meccanismi dell'orologio.»
Il ragionamento di Holmes era giusto. Eravamo al punto di partenza, senza indizi a favore nè di Steel, nè di McDone.
Entrammo nell'orologio e percorremmo la lunga scalinata. Quando ci trovammo nel luogo degli ingranaggi Sherlock Holmes assunse quell'atteggiamento che uno che non lo conosceva non avrebbe mai potuto immaginare esistesse nella sua personalità.
Tirò fuori la sua potente lente di ingrandimento e si fiondò, schiena piegata, alla ricerca di indizi.
Anche io osservai il luogo attentamente, cercando di spostare il meno possibile, sapendo come il mio amico si arrabbiava spesso con la polizia quando arrivava in un luogo completamente messo sotto sopra dagli sbadati agenti.
Dopo una ventina di minuti di ricerche, Holmes si mosse irritato e velocemente fuori dalla stanza degli ingranaggi.
Appena uscimmo sbattè violentemente la porta e corse giù dalle scale.
«Niente, Watson! Niente! E' peggio delle volte in cui Lestrade mi fa trovare un campo da rugby al posto di una scena del crimine! Non c'è niente di più fastidioso di un criminale che non lascia tracce visibili anche ad un'attenta e perspicace mente come la mia.»
Mi sorpresi che una persona come Holmes che era riuscita a fare una perfetta descrizione del mio fratello maggiore soltanto osservandone un oggetto personale come ho raccontato ne Il Segno dei Quattro non riuscisse a scoprire che tipo di persona avesse messo le mani su quei giganteschi ingranaggi.
«Amico mio, mi sa che dovrò passare altro tempo seduto sulla mia poltrona con una delle mie pipe preferite in bocca per ragionare su questo caso. Lei si passi pure una serena serata e potrebbe farmi il favore di mandare un telegramma ai nostri orologiai dicendogli che ho bisogno di altro tempo per meditare? So che non è buona pubblicità, ma eviteremo inutile tensione.»
Holmes prese una carrozza e si diresse verso Baker Street, mentre io trascrissi ciò che mi aveva detto il mio amico e mi recai all'ufficio postale di Bridge Street.
Passando di lì intravidi il campanile di Westminster e mi ritornò in mente l'avventura che io e Sherlock Holmes avevamo vissuto proprio da quelle parti.
Entrai nell'ufficio e feci il punto della situazione. McDone è sempre stato il più probabile sospettato, dato il suo atteggiamento nei confronti del collega, del quale disprezzava l'imprecisione, ma è anche vero che Steel, appena nominato "Riparatore Ufficiale", aveva il vizio di costruire orologi con un leggero ritardo impercettibile a un occhio poco attento, che io ebbi l'accuratezza di notare anche nelle grandi lancette del Big Ban che già da tre giorni giravano al contrario.
Poi mi soffermai su questo dettaglio. Le lancette, come avevano notato Holmes e McDone nel piccolo orologio d'oro che il mio amico analizzava la mattina del giorno prima, ritardavano di due secondi al minuto. La stessa cosa facevano quelle del Big Ban e mi soffermai una decina di minuti a controllare confrontando il tempo col mio orologio da taschino.
Qualcosa non tornava. Lo stesso Steel aveva ammesso di essere impreciso a causa della sua età e del lieve tremore che avevano le sue mani quando posizionava i piccoli ingranaggi nel meccanismo, ma le ruote dentate del Big Ban sono gigantesche e sicuramente la persona che ha compiuto il fatto non avrà potuto impiegare la delicatezza che sia Steel che McDone impiegavano nel posizionare i meccanismi delle loro creazioni. Era dunque improbabile che il tremore di Steel gli avesse impedito di posizionare dritto l'ingranaggio. Conclusi che la prova che avevo raccolto precedentemente contro Steel non stava in piedi e che avrei dovuto farlo presente immediatamente a Holmes.
Feci il mio dovere e mandai immediatamente il telegramma ai due orologiai. Appena uscito dall'ufficio chiamai una carrozza che non tardò ad arrivare.
Pensavo che non mi sarei mai dovuto permettere di mettere in dubbio un ragionamento uscito fuori da quella mente fredda e logica del mio amico Sherlock Holmes, ma mi sentivo anche in dovere di esporre le mie teorie. Dopotutto avevo già avuto modo di aiutare Holmes con i miei consigli, e probabilmente questa volta non sarebbe stato diverso.
Diedi mezza sovrana al cocchiere e mi diressi di corsa nell'appartamento dove trovai Holmes con gli occhi chiusi, quasi come addormentato, che fumava la sua pipa in argilla con i polpastrelli delle mani congiunti. Era rivolto verso la finestra e potevo vedere la sua immagine riflessa sul vetro. Appena mi sentì arrivare aprì gli occhi, girò la poltrona leggermente, sempre però guardando fuori dalla finestra.
«Ben tornato, Watson! Ha fatto come le ho detto?»
«Certo, Holmes. Mentre ero nell'ufficio postale ho ripensato ai fatti e mi sono reso conto che siamo più indietro di prima.»
«Si spieghi meglio...»
«Ho dinuovo fatto caso alle lancette e ho notato che la nostra osservazione era giusta: ritardano come gli orologi di Steel. Poi ho pensato che gli orologi ritardano perchè il povero vecchio ha un tremore alle mani che gli impedisce di mettere precisione nei suoi piccoli meccanismi, ma il reticolo di ingranaggi del Big Ban è formato da ruote dentate molto grosse e questo problema non si sarebbe posto.»
«Questo però non scagiona Steel.»
«Ma nemmeno lo condanna, Holmes. Non pensa forse che abbiamo troscurato qualcos'altro o qualcun'altro? Non crede che ci siamo limitati troppo nell'indagare solo sui due orologiai?»
«Watson, mentre era via ho dato diverse volte un'occhiata molto attenta ai suoi appunti su questo caso e una cosa mi ha molto sorpreso: non abbiamo incontrato nessuno di abbastanza interessante da essere implicato in questo caso. Forse solo la Regina di Inghilterra, ma non credo si scomoderebbe a invertire la rotazione delle lancette dell'orologio più grande d'Inghilterra solo per far litigare due poveri artigiani e venir matti due investigatori privati. No, Watson. Due persone mi sono state indicate come sospetti e su due indagherò. Ora, se mi vuole scusare, ho una pipa da finire. Grazie per l'osservazione, ma non ha fatto altro che eliminare un fattore sbagliato dall'equazione che risolve questo caso. Torni per la cena e porti un buon vino.»
Quella sera arrivai a Baker Street intorno alle sette con una delle migliori bottiglie di vino rosso che avevo in cantina. Trovai Holmes sulla sua poltrona. La scrivania era sgombra e tutti i suoi oggetti erano stati gettati in diversi lati della stanza, apparte il posacenere e una scatola di sigari.
Passammo la cena a parlare di chimica e medicina. Holmes era molto esperto nella prima e aveva una conoscenza sporadica ma considerevole della seconda. Le sue osservazioni distaccate erano affascinanti e interessanti.
Dopo la cena giocammo a carte e a dama. Vinse tutte le partite e mi innervosii molto, seza però lasciarlo a vedere al mio amico.
Sherlock Holmes non fece parola del caso sul quale stavamo indagando, ma mi squadrò interrogativo per qualche istante. Accese un sigaro, si gettò in poltrona e, divertito, iniziò a parlare.
«Posso notare che la sua signora non è in casa in questi giorni, dottore.»
«Infatti. E' da sua zia per tutta la settimana. Se non avessimo questo caso da risolvere non saprei proprio come passare il tempo, dato che il mio studio scarseggia di clienti, in questa stagione.»
«Come ben sa, Watson, io mi servo di metodi che la mesicina non considera consoni per passare il tempo mantenendo il mio cervello attivo.»
Il mio sguardo andò verso il cassetto dove il mio amico teneva le siringhe che usava per drogarsi in mancanza di casi da risolvere. Questa faccenda non riuscivo a diggerirla, dato che conosco bene gli effetti collaterali delle sostanza che Holmes usava. Improvvisamente tornai con la mente alla nostra conversazione e chiesi:
«Posso sapere, amico mio, come ha capito che Mary è via?»
Holmes accennò un sorriso e affondò, se possibile, ancora di più sulla poltrona. «Semplice, dottore. É più evidente del fatto che oggi ho rotto alcuni oggetti di vetro per liberare questa ingombrata scrivania.» Solo in quel momento mi accorsi dei cocci che un tempo dovevano essere provette e barattoli di vetro.
«I colori del suo cappotto non si intonano per niente con quelli dei pantaloni e del panciotto, cosa che una donna raffinata come ms Morstan non permetterebbe mai, quindi è evidente che, data la sua assenza, ha potuto vestirsi con colori che non sono mai stati così stonati da dopo il suo matrimonio. Ah, dimenticavo di ringraziarla del vino! Una scelta eccellente!»
Ero molto divertito dalle osservazioni del mio amico. L'orologio del rosso e tranquillo studio di Baker Street suonò le nove e mi tornò in mente il caso degli orologiai, come se fino a quel momento fosse stato un lontano ricordo.
«Dottore, credo di aver pensato la stessa cosa che ha pensato lei, sentendo i rintocchi stonati di quella vecchia pendola. Però, al contrario di lei, ho pensato al caso tutta la sera e credo che una bella rimpatriata possa aiutare a rendere tutto più chiaro.»
«Holmes! Non riesco a credere che lei è riuscito a vincere quattro partite a dama e tre a poker pensando continuamente al caso.»
«Devo ammettere che il suo vino mi è stato d'aiuto per scostare la mente da ciò che stavamo facendo. Ammetto anche che ho avuto solo fortuna nei nostri giochi.»
Ero certo che non fosse così. Conoscevo Sherlock Holmes e sapevo che era in grado di risolvere quesiti difficilissimi in qualsiasi condizione, naturalmente servendosi di alcune agevolazioni da lui ideate, come ho narrato ne Il Mastino dei Baskerville.
«Vorrei chiederle un favore.»
«Tutto ciò che vuole, Holmes.»
«Potrebbe mandare questo telegramma al commissariato di polizia? Le sarei molto grato se riuscisse a farlo entro domani alle dieci, quando dovrà trovarsi qui con il signor Steel e con il signor McDone. Li ho già convocati e sono contento che non siano volati proiettili in nessuno dei due studi a Bridge Street.»
Rabbrividii sentendo la freddezza con cui Holmes pronunciava quelle parole. Presi la busta col telegramma e la infilai nella tasca del cappotto. Spensi il mozzicone di sigaro e mi mossi verso la porta.
In un lampo Holmes si alzò a trattenermi.
«Se non le dispiace mi farebbe piacere che passasse la notte nel suo vecchio alloggio qui a Baker Street. C'è un ufficio di posta proprio dietro l'angolo e farà prima al nostro incontro con gli orologiai.»
Acconsentii e mi diressi di sopra, nella mia stanza. Mentre appendevo il mappotto e la bombetta sentii Holmes suonare il violino. Era una stupenda melodia, quella che di solito suonava quando non doveva più pensare alla soluzione di un caso e le rare volte in cui non era sotto effetto di morfina o cocaina.
Misi sul comodino la foto di Mary che porto sempre con me e mi apprestai a dormire. Erano le nove e un quarto quando riuscii a chiudere occhio, cinque minuti dopo che Holmes riponesse il violino per addormentarsi anche lui.
La mattina dopo mi alzai di buon mattino, verso le sette e mezzo, metre fuori le nuvole lasciavano spazio a un timido sole che illuminava a stento i soffitti di Baker Street. Presi la lettera, mi vestii in fretta e scesi a fare colazione, sorpreso dal non aver trovato Holmes. In compenso trovai un biglietto scritto con fretta dalla calligrafia del mio amico che diceva:

Non posso tenerle compagnia questa mattina. Spero che la colazione sia di suo gradimento. Le spiegherò tutto alle dieci quando saranno con lei anche i due orologiai.

Mangiai con calma e, appena finito, mi recai all'ufficio postale di Baker Street.
Lessi il telegramma mentre ero in coda. Holmes richiedeva a Lestrade di recarsi a Baker Street in orario per le dieci e un quarto. Alle nove meno venti ero fuori nella grigia, ma soleggiata, strada londinese le cui case proiettavano ombre precise e regolari mostrando i fumi dei camini grigi sopra i tetti imbruniti.
Rientrato nello studio di Sherlock Holmes presi il volume "O" dell'Enciclopedia Britannica che il mio amico consultava spesso. Iniziai a scorrere le pagine e trovai presto la sezione dell'"orologeria". Non trovai niente di utile per la soluzione del caso e mi chiesi come Holmes fosse riuscito a trovare il colpevole e, soprattutto, perchè non me lo avesse voluto dire. In compenso imparai come l'orologeria moderna fosse nata nel 1344 e come incontrò perfezionamenti sempre più accurati.
La lettura, per quanto interessante, mi portò ad un assopimento che si trasformò in un sonno pesante, interrotto dal suono del campanello e dall'ingresso dei due ospiti, McDone e Steel.
Li feci accomodare, ancora stordito dalla dormita, e li osservai attentamente. Steel si era preparato con cura e attenzione nell'abbinamento degli spenti colori che indossava, mentre McDone indossava un completo interamente grigio cenere.
Entrambi si squadravano pesantemente e alternavano lunghi sguardi a rapide occhiate. La tensione era tastabile.
«Holmes dovrebbe arrivare da un momento all'altro. Volete qualcosa da bere?»
Entrambi rifiutarono e McDone proruppe aggressivamente:
«Quell'investigatore! Dove si è cacciato? Eppure mi sembrava di avergli lasciato un mio orologio, per non arrivare in ritardo neanche di dieci secondi.»
A quella seccante osservazione Steel tirò un sospiro rassegnato e pensai si aspettasse la sorte che solo Holmes sapeva a chi sarebbe toccata. Effettivamente neanche io riuscivo più ad aspettare la soluzione del caso.
Dopo cinque minuti di attesa la porta dello studio si aprì di colpo e Sherlock Holmes, stanco e affaticato, irruppe ansimando di fatica.
«Scusate gentili signori, ma ho dovuto chiarire alcuni importanti affari riguardanti questo caso. Comunque adesso ho tutto chiaro!»
Lasciai la poltrona al mio amico che si sedette con visibile sollievo. Si tolse cappello e impermeabile e si accese la sua pipa di argilla. Chiuse gli occhi e per poco non pensai che si stesse addormentando, finchè disse:
«Signor Steel. Fino a poche ore fa ero convinto che il colpevole fosse lei. Era spaventato, insicuro ed era giunto al suo scopo: mettere la sua firma sulla riparazione del più grande orologio di Londra. Un altro indizio a suo sfavore era anche il fatto che il Big Ben, girando al contrario, era in ritardo come ogni suo orologio. Questo però, mi sono reso conto che era un fatto voluto, dato che il difetto delle sue creazioni era dovuto alla piccolezza degli ingranaggi, cosa decisamente contraria al Big Ben.»
Holmes, dopo aver detto ciò, sprofondò ancora di più nella sua poltrona, tanto che faticava a raggiungere coi gomiti i braccioli. Il fumo azzurro chiaro della pipa fluttuava nella stanza rossa creando una piacevole atmosfera. Fuori dalla finestra si sentì arrivare la carrozza della polizia, dalla quale uscì Lestrade con tre uomini. Alla vista dei poliziotti i due uomini si agitarono ulteriormente e Holmes accennò un sorriso.
«Ora veniamo alla soluzione di questo interessante caso. Avevo molte indicazioni sulla colpevolezza di Steel, ma nessuna reggeva veramente come poteva reggere una prova tangibile.»
Holmes prese da una borsa di pelle che teneva a tracolla una ruota dentata delle dimensioni di un quaderno protocollo. Portava incise le lettere MD incise sopra.
McDone indietreggiò visibilmente in trappola.
«Astuto da parte sua metterci dello stucco dipinto d'argento per nasodere le lettere. Devo ammettere che alla mia prima osservazione, seppur accurata, non ero riuscito a notarle. Poi ho ricordato che avevo osservato le ruote dentate solo da un lato, visto che la parte inferiore mi era difficile da raggiungere. Avevo già trovato i pezzi della vecchia ruota arrugginita che ha sostituito quando ha effettuato il colpo.»
McDone si gettò pesantemente sulla sedia rassegnato. Fece per balbettare qualcosa, mentre Holmes faceva segno a Lestrade di salire.
«Non credo che dovrà scontare una pena troppo lunga, ma sono convinto che la sua bottega non terrà aperta ancora per molto. Chiederò a Lestrade di essere clemente.»
Il basso ispettore col viso da furetto prese l'orologiaio che non aveva neanche la forza di parlare. Era molto diverso da quando era entrato, sicuro di se e della riuscita del suo piano.
Steel era al settimo cielo. Ci ringraziò e diede a Holmes alcune sterline che il mio amico cercò di rifiutare, ma l'orologiaio insistette e così Sherlock le accettò.
Quando tutti furono fuori Sherlock Holmes riprese la sua pipa e ci inserì dell'altro tabacco. Io presi un sigaro dalla scatola argentata che il mio amico teneva sopra la scrivania.
«Ecco Watson. Questa è la dimostrazione del perché non lavoro per soldi: l'uomo è capace di distruggere tutto quello che è riuscito a creare pur di soddisfare la sua cupidigia.»
Annuii con un gesto della testa e mi rimisi seduto a contemplare il fumo del nostro tabacco.
 
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Mycroft
view post Posted on 5/2/2010, 23:40     +1   -1




devo dire che mi è piaciuto più dell'altro,inoltre trovo il titolo molto accativante.Come sai però,io sono molto,molto pignolo,e non ho potuto fare a meno di notare quell'investigatore privato,che dovrebbe essere sostituito da "gentiluomini londinesi".Inoltre,da quanto ne so Holmes e Watson non han mai giocato a carte,dama o bevuto vino rosso :) Comunque ti faccio i miei vivi complimenti,e noto con piacere che a differenza del primo racconto hai promosso uno Sherlock Holmes che lavora per amore dell'arte e non per denaro.Posso farti una domanda però?Come mai le mura sono scarlatte?
 
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billiwing1
view post Posted on 6/2/2010, 06:48     +1   -1




Lo studio in rosso! E' da un pò che non rileggevo il libro, quindi potrei essermi sbagliato!
 
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»»Shinichi-Kudo««
view post Posted on 6/2/2010, 17:51     +1   -1




Or dunque eccomi qui a commentare la tua ff. Mi scuso per il ritardo ma ieri, a quell'ora, avevo gli occhi lucidi poichè ero sul pc da ore, e non riuscivo a leggere davanti allo schermo.
Ma veniamo al racconto:

Struttura Narrativo/Descrittiva: Molto ben delineata e semplice a comprendere, hai utilizzato numerose figure retoriche che hanno reso la dinamica del racconto molto più accattivamente.

Struttura Grammaticale: Anche questa ben accurata. Attento a errori di stono acustico durante la fase di scrittura. Ad esempio hai usato spesso "Sherlock Holmes" che ha tutto il diritto di essere applicata ma quasi la totalità delle volte stona "Sherlock" con il resto della frase.
Attento anche a qualche altro errore come ad esempio il posizionamento di qualche virgola fuori posto.

Struttura della trama: Ottima scelta del titolo, davvero accattivamente, come diceva Mycroft in precedenza.
La trama è molto interessante e coinvolgente, in alcuni tratti mi è sembrato molto simile allo stile di "Doyle-Rosati, (Rosati poichè, leggendo la versione originale di Doyle, ho notatato che lo stile è leggermente differente)"
Anche io colgo l'occasione per farti notare che Holmes e Watson non hanno mai giocato a Dama o a carte.
Alcune parti del racconto non mi sono sembrate strutturate bene, ad esempio quando descrivevi la parte in cui Holmes e W. erano al bar mentre recitavano di esser interessati allo strano caso del Big Ben, hai bruscamente sconvolto la situazione facendogli immettere in una corsa verso la salvezza di una vita. Questa parte non mi è piaciuta perchè nonostante il tuo intento di instaurare un colpo di scena, hai trascurato una suspense ben accurata. Infatti non si è capito bene il motivo di questo colpo di scena, hai descritto il motivo, ma era esiguo e non ben delineato.

Il resto del racconto è stato molto piacevole, ma, il finale, mi è sembrato troppo poco verosimile, la spiegazione nonostante esaustiva, non era molto chiara, e questo ne comprometteva il resto.

In sostanza io ti darei un 7.5 per questo racconto. Non ho avuto l'occasione di leggere l'altra fic, appena ho tempo ne darò un'occhiata ^^
Spero che ora non mi riterrai un pignolo che sa solo criticare malamente, ma speravo avresti apprezzato consigli e critiche ^^
 
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billiwing1
view post Posted on 6/2/2010, 17:56     +1   -1




Apprezzo sempreo ogni genere di critica e ti ringrazio moltissimo!

P.S.: Sono innamorato perdutamente delle virgole e ne eccedo quasi sempre XDXD!

Ora aspetto l'ispirazione per il prossimo racconto...
 
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Mycroft
view post Posted on 8/2/2010, 00:08     +1   -1




ah si ho ancora una considerazione da fare: ciò che Holmes indossa non è la camicia da notte,ma si chiama "vestaglia da camera",inoltre come più spesso sottolineato nei racconti di doyle,holmes dei giornali legge soltanto la cronaca nera e le inserzioni personali ^^
 
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conan_holmes
view post Posted on 10/2/2010, 15:20     +1   -1




CITAZIONE (»»Shinichi-Kudo«« @ 6/2/2010, 17:51)
Or dunque eccomi qui a commentare la tua ff. Mi scuso per il ritardo ma ieri, a quell'ora, avevo gli occhi lucidi poichè ero sul pc da ore, e non riuscivo a leggere davanti allo schermo.
Ma veniamo al racconto:

Struttura Narrativo/Descrittiva: Molto ben delineata e semplice a comprendere, hai utilizzato numerose figure retoriche che hanno reso la dinamica del racconto molto più accattivamente.

Struttura Grammaticale: Anche questa ben accurata. Attento a errori di stono acustico durante la fase di scrittura. Ad esempio hai usato spesso "Sherlock Holmes" che ha tutto il diritto di essere applicata ma quasi la totalità delle volte stona "Sherlock" con il resto della frase.
Attento anche a qualche altro errore come ad esempio il posizionamento di qualche virgola fuori posto.

Struttura della trama: Ottima scelta del titolo, davvero accattivamente, come diceva Mycroft in precedenza.
La trama è molto interessante e coinvolgente, in alcuni tratti mi è sembrato molto simile allo stile di "Doyle-Rosati, (Rosati poichè, leggendo la versione originale di Doyle, ho notatato che lo stile è leggermente differente)"
Anche io colgo l'occasione per farti notare che Holmes e Watson non hanno mai giocato a Dama o a carte.
Alcune parti del racconto non mi sono sembrate strutturate bene, ad esempio quando descrivevi la parte in cui Holmes e W. erano al bar mentre recitavano di esser interessati allo strano caso del Big Ben, hai bruscamente sconvolto la situazione facendogli immettere in una corsa verso la salvezza di una vita. Questa parte non mi è piaciuta perchè nonostante il tuo intento di instaurare un colpo di scena, hai trascurato una suspense ben accurata. Infatti non si è capito bene il motivo di questo colpo di scena, hai descritto il motivo, ma era esiguo e non ben delineato.

Il resto del racconto è stato molto piacevole, ma, il finale, mi è sembrato troppo poco verosimile, la spiegazione nonostante esaustiva, non era molto chiara, e questo ne comprometteva il resto.

In sostanza io ti darei un 7.5 per questo racconto. Non ho avuto l'occasione di leggere l'altra fic, appena ho tempo ne darò un'occhiata ^^
Spero che ora non mi riterrai un pignolo che sa solo criticare malamente, ma speravo avresti apprezzato consigli e critiche ^^

ci mancava il critico letterario :P :P :P
 
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0wn3r
view post Posted on 4/4/2010, 00:01     +1   -1




CITAZIONE (Mycroft @ 6/2/2010, 00:40)
Inoltre,da quanto ne so Holmes e Watson non han mai giocato a carte,dama o bevuto vino rosso :)

''Come la tavola fu sparecchiata Holmes diede un'occhiata al suo orologio e quindi riempí tre

bicchieri con dell’ottimo Porto.''

da "il segno dei quattro" ... il vino a quanto pare lo prendeva senza problemi ^^
 
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view post Posted on 4/4/2010, 15:43     +1   -1
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complimenti ^^
ps: io so scrivere non fare il critico lo lascio a loroXD
 
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