I figli

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view post Posted on 4/1/2011, 20:37     +1   -1


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I figli di Artù

Amr

Amr non aveva alcun dubbio né alcun timore. Sapeva cosa stava facendo fin dall'inizio.
Sua madre, una schiava sassone morta di stenti sotto i suoi occhi, gli aveva ripetuto più e più volte ciò che doveva fare.
Amr non era stanco di odiare. Odiava i celti ed i romani che, crudelmente e senza pietà, osservavano il popolo sassone soffrire senza fare nulla. Odiava Camelot e la Tavola Rotonda, vecchio collegio di barbuti troppo nazionalisti per pensare ad un cambiamento. Odiava Ginevra, con la sua aria aristocratica e le sue mani perfette.
E, soprattutto, odiava Artù, suo padre. Artù che giovanissimo aveva lasciato che una schiava sassone venisse costretta a lui da degli amici troppo zelanti. E che ora tentava di cancellare il senso di colpa accogliendo a sé il figlio concepito quella notte.
Ma la madre aveva insegnato bene ad Amr. Sii obbediente, annuisci, tratta i tuoi nemici con gentilezza e nessuno sospetterà della lama che si trova nel tuo cuore.
E così aveva fatto. Era stato gentile con tutti, aveva obbedito ciecamente al padre sembrando il figlio perfetto, un uomo senz'anima che esegue tutti gli ordini senza protestare. La gente di Camelot aveva smesso di guardare ai suoi biondissimi capelli e la sua statura come qualcosa di barbaro.
Con la maschera del più devoto dei figli, Amr rifletteva sulla politica cieca e insensata di Artù, finalizzata a mantenere il potere più che accettare i cambiamenti: l'arrivo dei sassoni.
Un giorno però, Amr avrebbe tolto la maschera e quel giorno avrebbe fatto ciò che sua madre gli aveva insegnato.

Mordred

Mordred crebbe all'oscuro di tutto nel freddo castello delle Orcadi. Morgause lo trattava come tutti gli altri suoi figli: con assoluta indifferenza. Lo vedeva un giorno e lo coccolava, lo vedeva il giorno successivo e lo ignorava, intenta in riti magici o adulteri che prendevano tutta la sua passione.
Ma venne un giorno che sembrò ricordare a Morgause della presenza di Mordred in modo definitivo. Il giorno in cui la famiglia delle Orcadi giunse a corte ed Artù vide il piccolo bimbetto magrolino, nato zoppo e troppo alto per la sua età. Artù fu sconvolto e Morgause rise, abbracciando a sé il figlioletto. Da quel giorno la donna non si dimenticò mai più di Mordred e lo tenne sempre con sé. Gli insegnò tutto ciò che sapeva su erbe e maledizioni, sull'odio e su come sedurre un uomo con lo sguardo.
Questo fino al quindicesimo compleanno di Mordred quando Artù, convinto dalla moglie Ginevra, decise di strappare il figlio dalle grinfie della vendicativa Morgause. Mordred si ritrovò solo a Camelot, guardato con sospetto da tutti tranne che dalla propria famiglia delle Orcadi: l'impetuoso Gawain, l'orgoglioso Gaheris, l'imprevedibile Agravaine e l'ingenuo Garteh.
Si appiccicò a loro, aspettando con ansia che Artù lo riconoscesse o gli parlasse ma dal giorno in cui lo portò a Camelot Artù smise di guardarlo o interessarsi a lui.
Gawain tentò di fargli capire che non era colpa sua ma a causa della sua nascita che ricordava tristi eventi e atti innominabili. Giacere con la propria sorella non era cosa di cui vantarsi e per questo non lo avrebbe mai potuto riconoscere né chiamare figlio.
Mordred lo odiò. Tentò di diventare il cavaliere migliore per potersi avvicinare a lui almeno in quel modo ma la gamba zoppicante gli impedì di arrivare oltre l'aria di un cavaliere mediocre. E tutti gli passavano davanti: Lancillotto, che non aveva nessun legame di sangue con il re, Gawain, adorato da Artù e dalla regina, Amr, il primo figlio freddo e glaciale, Loholt, il ragazzino viziato e, infine, i due cuccioli appena nati da Ginevra.
Tutti passavano avanti a lui, scavalcandolo senza alcuna grazia, e lui, lui che aveva il doppio del sangue di Igraine e degli antichi celti nelle sue vene, veniva ignorato.
Ma un giorno sarebbe stato lui a passare davanti a tutti, in prima linea. E quel giorno Artù lo avrebbe riconosciuto, lo avrebbe ammirato e lo avrebbe chiamato figlio.
Ed Agravaine fu d'accordo con lui.

Loholt

La prima volta che sua madre, la bella dama Lisanor di Scozia, gli aveva rivelato che suo padre era il grande re Artù Loholt si era colmato di sollievo.
Era stato un sollievo scoprire che il marito di Lisanor non lo odiava per ciò che era ma perché non era suo figlio. Era quasi soddisfacente: quell'uomo lo desiderava come figlio ma lui era figlio di Artù e di nessun altro.
L'idea di avere un padre re arrivò poco dopo. Sapeva vagamente cosa fosse un re, qualcosa di terribile e dominante ma una cosa la sapeva di certo: il titolo di re passa di padre in figlio.
Lisanor tentò di assicurarlo che Artù aveva già altri figli e tentò di distrarlo come poté: con cavalli, con nuovi cani da caccia e falchi, persino con una bella donna quando passò i sedici anni.
La madre infine non riuscì più a distrarlo dall'idea di essere un principe e fu quindi costretta a portarlo a corte, a Camelot. Laggiù Artù lo riconobbe come proprio figlio ma fu grande la delusione di Loholt quando scoprì che Artù aveva già un primogenito bastardo: Amr. E, come se non bastasse aveva anche un secondogenito segreto, Mordred, un abominio zoppicante nato da incesto che però (con grande fortuna di Loholt) non sarebbe mai stato riconosciuto.
Artù tentò di avvicinarsi goffamente a lui e Loholt lo lasciò fare, curioso, esitante di vedere come si sarebbe comportato il padre.
Artù iniziò ad istruirlo, esercitarlo con armi e politica, cose di cui Loholt non aveva mai avuto idea prima. Sembrava che il re non si fidasse del perfetto Amr e tutti credevano che Loholt sarebbe stato il principe prediletto (sempre che Mordred non riuscisse ad avvelenarlo nel sonno).
Purtroppo Ginevra rimase incinta e partorì il giovane Llacheu, un bimbo magrolino identico al padre Artù.
Loholt si ritrovò abbandonato e spogliato dell'unica speranza che aveva strenuamente coltivato per anni: divenire re.
Tentò di protestare e Artù, come aveva fatto la madre Lisanor, riuscì a calmarlo per un poco con cavalli e oggetti. Ma quelli finirono o lo stancarono e Loholt decise che un giorno si sarebbe fatto da solo il dono più grande: il regno.

Llacheu e Gwydre

Artù aveva appena compiuto quindici anni quando Ector, il padre adottivo, decise che era il momento che diventasse uomo. Gli diede quindi una fanciullina alta, bellissima, dai folti capelli biondi e senza alcuna conoscenza di lingua che non fosse il sassone. Artù non seppe mai il nome della donna ma più tardi ripensò spesso a lei, alla sua aria cauta al suo segno sulla spalla che la rendeva schiava agli occhi di tutti.
Per sempre rimase impresso nella sua memoria il pensiero di aver costretto una donna a fare ciò che non voleva davvero e fu con gioia che accettò le mani delicate di una sconosciuta ad una festa, una sconosciuta che sembrò abbracciarlo ed amarlo davvero. Solo più tardi Merlino gli rivelò che la sconosciuta altri non era che sua sorella Morgause.
E tra i volti delle donne che non riusciva a ricordare si impresse anche quello della sorellastra, bellissimo, seduttore e sorridente. Giurò che non si sarebbe mai più avvicinato ad una donna ma poi giunse la bella Lisanor, dama di uno sperduto castello scozzese nel quale l'esercito di Artù fo costretto a rifugiarsi dopo un attacco sassone.
Lisanor non ricordava nessuno dei parenti di Artù, non era timida o crudele, non aveva alcuna aria di pericolosità velenosa o timidezza indebolita. Era una donna dalle ossa grosse, l'aria sincera e semplice.
I due furono amanti per un mese intero e quando il re partì la donna venne data in sposa ad un signorotto del posto dal padre preoccupato dal ruolo debole che la regalità di Artù stava acquisendo.
La regalità di Artù però si rinforzò presto dopo la battaglia vincitrice di Badon Hill e apparve Leondegrance, un potente re del Galles, disposto ad offrire truppe, fedeltà e moglie al nuovo re.
Fu così che Artù si sposò con una sconosciuta, una certa Ginevra dall'aria piccola, fragile che di bello non aveva molto. Sembrava un topolino sempre sorridente.
Non ci volle molto perché Artù si innamorasse perdutamente della sua risata e della sua intelligenza sincera e diretta che si adattava perfettamente a quella del re. Ma, diversamente dalle altre donne, Ginevra sembrava sterile ed i due persero le speranze di avere un figlio.
E poi giunse Amr. Amr arrivò con una carovana di ex-schiavi, con una bionda sorella sassone e con la madre morente. Rimasero per giorni chiusi nelle stanze di Artù e nessuno seppe mai cosa accadde. Tutti però seppero che, quando uscirono, Artù riconobbe Amr come figlio.
Il re fu convinto della propria decisione per anni. Amr era intelligente, abile con la spada anche se non amava molto combattere a cavallo. Era riservato ma non scortese.
Il tutto finché, un giorno, non lo vide solo, seduto alla propria finestra. Amr era immobile, impassibile ed Artù scorse qualcosa di freddo e terribile nei suoi occhi, qualcosa che aveva visto prima solo negli occhi della sorella Morgana.
E mentre la sua mente era assalita dai dubbi, incontrò Mordred, piccolo bambino identico a lui, zoppicante e sempre attaccato alla gonna di Morgause. Non vi erano dubbi su chi fosse suo padre. Fu per lui che accolse con tanta gentilezza i figli delle Orcadi ma fu per la sua nascita che non poté accoglierlo a corte. Solo Ginevra riuscì a cancellare le sue preoccupazioni e fargli capire che l'unico modo per rendere Morgause innocua era togliere Mordred dalle sue grinfie.
Mordred giunse a corte ed Artù fece di tutto per dargli ciò che desiderava ma non instaurare sospetti sulla sua nascita da nessuno. Osservò con gioia i suoi tentativi di divenire cavaliere, il cavaliere più forte, ma più di questo non poté fare nulla.
E così, quando Mordred iniziò a lanciargli frecciatine acide, dirette e terribili, fu troppo tardi per tornare indietro ad abbracciarlo.
Artù sapeva di avere un altro figlio: Loholt, il giovane nato da dama Lisanor. Per anni temette di rovinare l'equilibrio familiare della donna se avesse richiesto il bimbo con sé ma fu lei a portare spontaneamente Loholt a corte. Il ragazzo era curioso, vivace, impertinente e non ammetteva no da nessuno.
Con gioia si avvicinò ad Artù come una falena alla luce e da lui imparò tutto ciò che poté. Artù lo riconobbe pubblicamente come figlio in un momento in cui Amr combatteva in Irlanda.
Alcuni dissero persino che Mordred tentò di avvelenarlo mentre dormiva ma Artù non credeva a simili pettegolezzi.

Ed un giorno accadde.
Un giorno accadde ciò che Artù aveva sempre voluto: un figlio suo, un bambino che non venisse cresciuto in un pozzo nero di disperazione o in una nuvola di disprezzo lontano da lui.
Ginevra rimase incinta. Nacque il piccolo Llacheu, un bimbo magrolino identico a lui. Visse per soli due anni e la morte del figlio distrusse profondamente l'idea di speranza che Artù aveva sempre portato con sé. Dimenticò tutto e tutti, partì per campagna sempre più lunghe e tentò persino di fare la guerra all'imperatore romano.
Amr si limitò ad obbedire freddamente ma Artù sapeva quanto l'intelligente figlio disprezzasse la sua politica.
Mordred lo ignorò, quasi pazzo per la morte della madre e per l'idea che fosse stato il suo stesso fratellastro Gaheris ad ucciderla.
E Loholt, semplicemente, non capì, tentando di recuperare le attenzioni del padre con nuovi desideri.
Fu in quel periodo che nacque un nuovo figlio: Gwydre. Ed anche se tutti si chiedevano chi fosse il vero padre, Artù o Lancillotto, il re non ebbe dubbi (o semplicemente non volle averli) e lo abbracciò come il proprio figlio legittimo.
Sperò che quel piccolo bimbo dai capelli fulvi potesse ridare a tutti la speranza. Sperò di poter donare a lui il suo regno.
Ma non si ricordò di avere altri figli e di dover pagare un tributo ad ognuno di loro.
 
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Sam 221B
view post Posted on 4/1/2011, 21:28     +1   -1




** mi ricordavo che scrivevi bene, e infatti lo dimostri perfettamente! Hai una fluidità magnifica, leggo molto volentieri senza annoiarmi, poi la tua passione per la saga di Artù emerge da ogni parola! Complimenti ^^
 
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view post Posted on 4/1/2011, 21:45     +1   -1


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Grazie mille <3 <3
 
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