SH e i segni del suo tempo nelle indagini

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Beàtrix
view post Posted on 9/1/2011, 14:45     +1   -1




Comincio, dopo essermi ambientata un pochino nelle sezioni "secondarie", a scrivere realmente dell'argomento di questo forum.
Uno dei (tanti) argomenti che mi hanno sempre incuriosito è quanto Holmes sia a volte al di sopra delle illusioni proprie della sua epoca (a breve, mi conosco, aprirò un topic sulla questione holmesiana... ...lo so, è una minaccia), e quante altre volte invece nelle sue indagini dia per scontati elementi che in realtà sono -o meglio erano- creduti veritieri, ma che in realtà oggi sappiamo essere soltanto pregiudizi.

Come primo problema vorrei porre, a favore di Holmes, il famigerato Problema della Macchina da Scrivere. Sto facendo riferimento evidente a IDEN.
In IDEN troviamo una signorina, come tutti sapete, che va da Holmes cercando il fidanzato scomparso il giorno del matrimonio; uno dei casi più semplici e leggeri (anche se non meno leggiadri) che siano mai capitati al nostro, insieme a quello dei Sei Napoleoni; credo che a metà di ciascuno di questi due racconti, tutti noi li avevamo già sciolti. Ma non è questo il punto. La signorina si presenta con le lettere del suo... ehm... innamorato, lettere dattiloscritte. Holmes le osserva, e poi per confermare la sua tesi che fa? Scrive al patrigno di lei ottenendo come spera una risposta dattiloscritta: ecco che la macchina usata è la stessa.
Cosa dice Holmes in merito? Questo [A.C.Doyle, Tutto Sherlock Holmes, I Mammut, Newton, trad. N. Rosati Bizzotto]: «È strano [...] come una macchina da scrivere possieda in effetti altrettanta individualità della grafia umana. A meno che non siano nuove di zecca, non ne esistono due con i caratteri esattamente uguali. Alcune lettere si logorano più di altre...» eccetera.
Ora, a me la versione originale del Canone manca (vorrei procurarmela, in quale maniera, anche in rete) ma a meno che non diamo per buono che la traduttrice ha sbagliato di grosso il senso è molto chiaro.
Mi è capitato però di leggere ovunque, anche in siti autorevoli da studiosi alterttanto autorevoli, la tesi secondo cui Holmes era vittima del suo tempo. Quando le macchine da scrivere vennero prodotte per le prime volte, siamo verso la fine dell'Ottocento se non mi sbaglio, nacque la credenza che la persona che scriveva imprimesse la propria personalità alla macchina, cioè al pezzo dattiloscritto, tanto da renderlo riconoscibile cosiccome se scrivesse a mano. E Holmes, ho visto sostenere tantissime volte, si rivela vittima di questa credenza.
Ora... io vorrei smentire, se siete d'accordo, ditemi il vostro parere, questa affermazione, con tutto il rispetto degli studiosi che la fanno ovviamente, secondo due motivazioni che sono in mio parere fondamentali: la prima è l'intera trama del racconto, e la seconda le parole di Holmes stesso.
Partendo dal secondo punto, cosa dice Holmes di preciso? «A meno che non siano nuove di zecca, non ne esistono due con i caratteri esattamente uguali». Prima di tutto, possiamo secondo me notare chiaramente come Holmes asserisca esistano difetti meccanici dati dall'uso: lettere logore, storture, sbavature, che niente hanno a che fare con la personalità dell'utilizzatore, bensì con il tempo di utilizzo prolungato della macchina. Detto in parole povere: più la usi, più si consuma, e non è che tutte si consumino esattamente allo stesso modo. Quindi non siamo affatto nel campo dell'ipotesi per cui è riconoscibile la persona che scrive, ma soltanto che la macchina usata sia la medesima, causa i medesimi difetti d'uso.
E questo porta al primo punto: l'intero racconto è basato sul fatto che, proprio per non farsi riconoscere, il patrigno scrive le lettere a macchina. Credo proprio che sia questo lontano mille miglia dalla credenza ottocentesca della macchina con personalità. Holmes si insospettisce proprio perché le lettere sono scritte in maniera da risultare impersonale, persino la firma viene dattiloscritta in modo da non essere riconoscibile. Può quindi essere affermato il fatto che Holmes fosse vittima delle illusioni del suo tempo? Non credo, anzi, stando tutto a dimostrare esattamente il contrario.
L'equivoco, secondo me, è dato dal fatto che Holmes afferma che «possiedono alterttanta individualità della grafia umana», ma non mi pare che nel contesto assai più ampio, con tanto di esempi, dell'intera frase possa assumere il senso della personalità assorbita dalla macchina, quanto piuttosto in senso letterale: dopo un certo periodo d'uso si logorano in maniera differente, quindi acquisiscono caratteristiche peculiari a ciascuna. Muovo quindi in questo caso assolutamente a favore del nostro.
Vi vengono in mente altri casi in cui Holmes sia superiore alle credenze del suo tempo? Oppure in qualche caso ne risulta vittima.
 
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holmes98
view post Posted on 9/1/2011, 16:39     +1   -1




hai perfettamente ragione, nulla fa pensare che holmes fosse succube di credenze inutili. come noi sappiamo, spesso holmes risolveva i casi appena esposti, per poi confermare le sue tesi. secondo me sherlock aveva risolto il caso già da subito e ha cercato di dimostrare il fatto che aveva ragione attraverso le sue azioni.
su due piedi non mi sembra che ci siano casi dove holmes dimostra di avere una mente superiore alle inutile credenze dell'epoca. si potrebbe pensare al mastino dei baskerville; lui, da scienziato (perchè praticava la scienza della deduzione, e poi anche la chimica, la botanica ecc...), sapeva molto bene che la cosa ad aver ucciso baskerville (dall'anenato a quello del suo presente) doveva essere per forze di cose reale. probabilmente ha, in quel caso, avuto in pochi momenti qualche dubbio, ma ovviamente si è ricreduto dallo sherlock holmes che era.
 
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Beàtrix
view post Posted on 2/2/2011, 18:38     +1   -1




Il Mastino dei Baskerville è lo scritto più strano di tutto il Canone, però ha un fascino innegabile e incredibile. Comunque, prima di andare off topic trascinata dal cagnaccio dico che hai perfettamente ragione, Holmes è stato l'unico che razionalmente non si è fatto strane idee sul cane fantasma, anche se c'è rimasto non poco quando ha visto l'animale per la prima volta. È sbiancato anche lui (come avrei voluto esser lì a vederlo! ahahahah).
Mi viene in mente un caso in cui Holmes sembra vittima delle credenze del suo tempo. Nell'avventura del carbonchio azzurro asserisce che l'uomo che aveva smarrito il cappello doveva essere un intellettuale, doveva essere molto intelligente, in virtù del fatto che il cappello era grosso: se uno ha la testa grossa ha un cervello grande, e se ha un cervello grande è intelligente. Ovviamente questo è un ragionamento del tutto sballato, ma in linea con le credenze dell'epoca.
Per citare il signor Spock: «Signor Scott, l'intelligenza non richiede necessariamente una grossa mole» (Star Trek TOS, La sfida).
 
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2 replies since 9/1/2011, 14:45   159 views
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