| RELIGIONE Molto si è discusso sulle idee religiose dei due inquilini di Baker Street, i quali dal canto loro non affrontarono mai direttamente la questione. Né Watson né Holmes hanno mai partecipato a qualche funzione religiosa, né hanno recitato qualche preghiera. Neppure hanno invocato mai il nome di Gesù, o di Cristo. Nonostante in casa loro ci fosse almeno una Bibbia (VALL), in CROO Holmes dichiarò che la sua conoscenza della Scrittura era “un po’ arrugginita”, eppure poco dopo citò l’episodio di Davide e Betsabea. Quello che Holmes in quell’occasione definì il “secondo libro di Samuele”, dal quale era tratta la citazione, nel canone cattolico è invece chiamato II Re. La denominazione “secondo libro di Samuele” è comune al canone ebraico e a quello di tutte le chiese protestanti, ma, poiché è escluso che Holmes fosse di religione ebraica, come dimostriamo più avanti, questo ci fa ritenere che egli si sia accostato alla Bibbia nell’ambito di una chiesa riformata. Gli uomini di chiesa presenti nel Canone erano sono solo clienti, come anche Sua Santità Leone XIII, che consultò Holmes due volte, per un furto di gioielli e per la misteriosa morte di un cardinale (HOUN, BLAC). E’ citata solo una persona sinceramente praticante (Nancy Barclay in CROO), a parte i Mormoni, presentati però come una setta di fanatici assassini (STUD). Per quanto riguarda altre religioni, sappiamo di sicuro che nessuno dei due era di religione ebraica: in alcuni casi i due amici lavorarono di sabato, e non mangiavano certamente cucina “kosher”. Inoltre Holmes parlò di un “robivecchi ebreo” dal quale aveva comprato uno stradivario per soli 55 scellini, e non avrebbe usato questa espressione se lui o Watson fossero stati suoi correligionari. Holmes visitò la Mecca, travestendosi da pellegrino musulmano, proprio come Sir Richard Francis Burton, il grande viaggiatore inglese (v. vampiri), che dalla sua avventura aveva tratto un libro (Personal narrative of a pilgrimage to El Medinah and Meccah, 1855), che deve aver dato l’idea ad Holmes: nello stesso periodo incontrò il Lama, e per entrambe le visite sono probabili motivi politici (v. Grande Iato). Del buddismo d’altronde Holmes si era interessato anche prima: in SIGN parlò del buddismo di Ceylon, ma all’interno dei suoi eccentrici e poliedrici interessi. Possiamo quindi concludere che Holmes non aderiva come praticante ad una Chiesa organizzata: ma cosa sappiamo sulle sue intime convinzioni ? Ad indirizzare verso una posizione agnostica, o addirittura ateo-anticlericale, sta la sua ammirazione per Winwood Reade, il cui Martyrdom of Man raccomandò alla lettura di Watson, citandone un passaggio e dichiarandolo uno dei libri più rimarchevoli mai scritti (SIGN). Quel libro è un’elaborata contestazione del Cristianesimo dal punto di vista storico ed etnologico. Anche le sue citazioni di Darwin (STUD), all’epoca duramente condannato dalle varie Chiese, sembrano andare in questa direzione. Ma il comportamento pietoso di Holmes verso i colpevoli, la sua sete di giustizia, e anche le sue frasi, sembrano indicare se non una profonda religiosità, almeno un altissimo senso morale. Holmes, pur non credendo alla natura apparentemente soprannaturale di situazioni che ha affrontato (DEVI, HOUN, SUSS) ha citato spesso il concetto di peccato e di responsabilità morale. Dinanzi alla terribile ferita dello spregevole Barone Gruner, colpito in viso dal vetriolo scagliato da una sua vittima, commentò sconvolto: “Il prezzo del peccato, Watson, il prezzo del peccato… Prima o poi si paga sempre…”. In SIGN citò Richter: “la prova dell’umana grandezza sta nella sua percezione della propria piccolezza”; in BOSC commentò alla conclusione del caso, dopo aver lasciato andare il colpevole: “Che Iddio ci aiuti! Perché il fato si diverte a scherzare con noi poveri umili vermi? …così finirebbe Sherlock Holmes se non fosse per la Misericordia Divina” [la battuta nell’occasione fu attribuita a Baxter, ma oggi la frase è attribuita a John Bradford (1510-1555), un martire protestante]. In VEIL intuì che la donna che aveva davanti stava meditando il suicidio, e la convinse a non farlo, ammonendola che “La sua vita non le appartiene. Si guardi bene dal sostituirsi al Destino…” e ribatté alle proteste della donna che dichiarava la propria inutilità: “Che ne sa? L’esempio di un paziente che soffre in un mondo impaziente è di per sé il più prezioso di tutti gli insegnamenti”. Nella stessa occasione si lasciò andare ad una carezza verso la sfortunata donna e soggiunse: “Povera, figliola. Povera figliola! Le vie della Provvidenza sono davvero difficili a comprendersi. Se non esiste una compensazione nell’aldilà, allora il mondo è davvero una beffa crudele.” Ancora in RETI e in CARD esplose tutta l’angoscia di Holmes di fronte al mistero della vita: “Non è tutto patetico e futile?… Tendiamo le mani, afferriamo: e che cosa ci rimane, alla fine? Un’ombra o forse qualcosa di peggio dell’ombra: l’infelicità”. “Qual è il senso di tutto ciò, Watson? A cosa serve questo circolo di miseria e violenza e paura? Deve tendere a qualche fine, o il nostro universo è dominato dal caso, il che è impensabile. Ma quale fine? Questo è l'eterno problema cui la ragione umana è lontana dal dare una qualsiasi risposta.” Noi non vediamo un Holmes beffardo, scettico e ottusamente positivista. Vediamo un Holmes pronto ad usare l’umana ragione fino al suo massimo limite, e poi in rispettoso silenzio: un uomo in cerca di risposte. (S. Guerra, E. Solito -Enciclopedia di Sherlock Holmes - III ed. In corso di pubblicazione)
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